L’accostamento Arvedi-Piombino è già arrivato in Parlamento grazie a un’interrogazione di tre deputai Dem e una risposta dei ministri interpellati è attesa in commissione ma intanto i segnali di un piano nazionale dell’acciaio passano anche per alcune voci diffuse nella città di Terni e per questo non passa inosservato l’intervento dell’ex ministro del Lavoro Andrea Orlando, esponente Pd che nell’Aula di Montecitorio, accusando l’esecutivo nazionale di aver investito su Ilva senza determinate e determinanti garanzie, ha pronunciato queste parole: «Quella dell’acciaio è diventata, se è possibile, in questi mesi, una filiera ancora più strategica e voi sapete che da ciò che si decide su Taranto dipende molto di ciò che avverrà
a Terni, a Piombino, in tutto il comparto, fortemente colpito dai costi dell’energia, lungo la filiera dell’automotive, fino alla meccanica e alla cantieristica».


Arvedi-Morselli «Ebbene – prosegue il deputato Dem -, sull’acciaio, ma non solo sull’acciaio, alla luce dell’aumento del costo strutturale dell’energia, di quello dei noli marittimi, di fronte ad una guerra commerciale che non accenna a placarsi o ai piani protezionistici di alcuni Paesi concorrenti, come gli Stati Uniti e la Germania, e, in
conseguenza, dei ritardi nell’attuazione del Pnrr, che fa l’Italia? Su quale piattaforma porta avanti una battaglia per nuovi strumenti in Europa, per garantire gli approvvigionamenti, per sostenere la transizione ambientale, per conquistare produzione mentre si organizzano le filiere a livello globale? Questa sarebbe la discussione da fare e, per la verità, il ministro Urso è parso consapevole di questo, lo ha detto in alcune interviste, nelle audizioni in Commissione. E quale è la conseguenza? Qualche dichiarazione propagandistica contro il passaggio all’elettrico – ininfluente, peraltro, nei rapporti con Bruxelles -, qualche lamentela contro i piani nazionali che alterano le regole della concorrenza, nessuna misura nella legge di bilancio e, poi, la fuga di oggi, perché questa è una fuga. Noi chiediamo, invece, al Governo un confronto e, magari, anche un approdo unitario per le politiche industriali necessarie al Paese, da costruire, prima di tutto, con le forze sociali. Un lavoro da fare, però, con un metodo e con una sostanza che sono diametralmente opposti a quelli adottati oggi».