di Daniele Bovi

In fondo lo dice lui stesso: «Che conferenza stampa finale sarebbe senza le polemiche di Carlo Pagnotta?». Il direttore artistico del festival domenica mattina non ha parlato per nulla dei risultati artistici bensì ha sparato ad alzo zero («tanto sono vecchio e dicono che ho l’arteriosclerosi, anche se le analisi vanno tutte bene») su molti fronti, dall’amministrazione comunale di Perugia alla proprietà del teatro Pavone, fino ad arrivare alla provocazione: «Il festival – dice – non si chiama né Perugia Jazz né Orvieto Jazz e non è legato indissolubilmente a Perugia, perciò Umbria Jazz è all’asta, si facciano avanti i comuni che vogliono mettere più soldi». Bordate che danno il senso di come la misura sia colma. In sala, all’hotel Brufani, ci sono la presidente della Regione Catiuscia Marini, l’assessore regionale alla cultura Fernanda Cecchini, il vicepresidente della Fondazione Stefano Mazzoni e, per il Comune, solo l’assessore al bilancio Cristina Bertinelli. E Pagnotta non gradisce.

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Le risorse «Il sindaco Romizi lo giustifico – dice – perché tra qualche giorno si sposa e a lui faccio i miei auguri. Ma oggi non ci sono gli assessori, non c’è il vicesindaco e questa è una vergogna, è inammissibile». «Le chiacchiere politiche – dice subito dopo abbandonando la sala, anche se poco dopo tornerà a sedersi tra il pubblico – le lascio a voi». Per quanto riguarda la musica, che poi sarebbe l’anima del festival, neppure una parola. Nel mirino del patron di UJ c’è anche Perugia 1416 e in particolare i finanziamenti che la manifestazione ha ricevuto da palazzo dei Priori: 100 mila euro all’anno per tre anni (il preventivo 2016 parlava di 200 mila euro per la prima edizione) mentre Umbria Jazz ne riceve 50 mila. «A Perugia 1416 – attacca – il Comune ne ha dati 200 mila e per noi 50 mila. Umbria Jazz però è unica. Quello che succede è uno scandalo». Il sasso, pesante, è stato lanciato nello stagno cittadino e ora bisognerà vedere se e fino a dove si propagheranno le onde. Altro capitolo le clinics tenute in città da oltre 30 anni dalla Berklee; lezioni che portano a Perugia più di 200 studenti quasi da ogni angolo del mondo.

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Pagnotta attacca «Se non fosse per la Fondazione Cassa di risparmio che ci aiuta ogni anno – dice sempre il direttore artistico – avrebbero chiuso da un pezzo e questo è inammissibile. Al sindaco chiedo un regalo: devono essere istituzionalizzate». Lo stesso chiede per quanto riguarda quello che lui chiama il «programming team», cioè la squadra che ogni anno si occupa del festival a 360 gradi. A monte però ci deve essere una discussione sul futuro di UJ, ed è per questo che Pagnotta vuole un incontro «tra Marini, Cecchini, che si sta occupando del caso di Orvieto, Romizi e Severini per parlare di Umbria Jazz». Durante tutto il festival chi ha assistito a uno dei concerti che si sono tenuti al Pavone ha potuto notare, oltre la musica, il puzzo di muffa e in generale le condizioni di un teatro non esattamente al livello che un festival del genere meriterebbe. Tutto ciò lo ha ovviamente notato anche Pagnotta, che in primis spiega perché si è optato per il Pavone e non per il più grande Morlacchi: «È più centrale – dice – e poi il Ministero per quanto riguarda i finanziamenti impone la presenza di almeno il 51 per cento di artisti italiani. Per questi ultimi il Pavone va bene, mentre per il Morlacchi sarebbe servito un costo artistico più alto. Lì ci si rimette, si possono invitare i grandi nomi, ma ci sono solo 600 posti».

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IL CASO ORVIETO: L’ATTACCO DI PAGNOTTA E LA REPLICA DELLA TEMA

Caso Pavone Un costo artistico quest’anno più basso: «Abbiamo speso – spiega Pagnotta – 250 mila euro in meno, ma ci dicono che dovevamo tagliare, tanto che non abbiamo potuto invitare i giornalisti stranieri. Quei quattro che sono venuti lo hanno fatto autonomamente». Quanto alle condizioni del teatro, «il Pavone è pieno di acari, ditelo alle persone che ci lavorano dentro; sono 11 giorni che si grattano. Quando lo abbiamo aperto c’era la puzza di muffa e una pozzanghera, ci dovrebbero solo ringraziare che lo abbiamo aperto. Chi chiede i soldi per l’affitto, a ore, si dovrebbe vergognare». E finché le condizioni saranno queste, di tornare al Pavone non se ne parla: «Ritorneremo al Morlacchi». Parole che sollevano la problematica degli spazi cittadini in cui si può fare cultura; un ragionamento in cui non può non finire anche il Turreno: «Pensano a fare – attacca il patron – 900 posti invece che 1.400 e un altro ristorante, tanto ce ne sono pochi a Perugia». A tenere banco nell’ultimo giorno di festival dunque non è tanto la musica quanto le questioni relative al bilancio e agli spazi.

FOTO: AL PAVONE L’OMAGGIO DI BOSSO A ELLINGTON

Marini Risorse che sono state al centro anche dell’intervento di Marini: «Ci preoccupa – dice – che lo sforzo da noi prodotto ogni anno, pari a 650 mila euro nonostante i tagli che hanno colpito tutti, non sia pari a quello di altri enti locali». Il messaggio è diretto in particolare a Perugia (sul punto Bertinelli in sostanza non interviene, limitandosi ad alcune frasi di cortesia e di circostanza), ma può avere come destinatari anche molti altri. «Non abbiamo mai pensato di tagliare un solo euro – continua la presidente – a una manifestazione della quale in primis gode il tessuto economico. L’attenzione che la Regione pone deve trovare una corrispondenza anche da parte di tutti gli enti locali e dei livelli istituzionali. Le risorse del territorio devono affiancare Umbria Jazz, che è il cuore dell’immagine dell’Umbria nel mondo. Per noi è un investimento per il presente e per il futuro, e un pezzo del percorso di internazionalizzazione dell’Umbria. Non è una manifestazione come tante altre, è il più grande evento internazionale che avviene nella regione, un simbolo dell’apertura al mondo».

La replica di Romizi Nel pomeriggio è arrivata la replica del sindaco Romizi: «Se è vero – dice – che il contributo a Umbria Jazz è di 50 mila euro annui, è altrettanto vero che l’impegno economico del Comune, in termini di servizi, fondamentali per la riuscita dell’evento, è almeno di tre volte tanto, oltre ai 50 mila euro dati dall’Assessorato alla Cultura per la stagione del Jazz Club e per le Clinics. Il Comune tiene in grande considerazione Umbria jazz, consapevole del valore culturale e dell’indubbio ritorno di immagine ed economico che la città ha grazie alla manifestazione. UJ e Perugia sono ormai complementari, la prima per i tanti benefici, in parte già elencanti, che produce al capoluogo, la seconda per lo straordinario e unico palcoscenico che mette a disposizione». «Per ciò che riguarda Perugia 1416 – continua -, per la quale l’ente, visto che si tratta della prima edizione e di conseguenza più bisognosa di sostegno, ha investito in questo anno 100 mila euro, diventa difficile un confronto visto che le due manifestazioni presentano caratteristiche e obiettivi diversi. La rievocazione, infatti, oltre che culturale ha un valore sociale, puntando al rafforzamento del rapporto tra cittadini e tra quartieri, e rispondendo, dunque, ad altro tipo di esigenze. Il Comune conferma e ribadisce, come già detto, l’interesse e l’impegno nei confronti di UJ, evento di grande prestigio, la cui storia si sposa ed intreccia con quella della città. È per questo che siamo come sempre a disposizione per qualsiasi costruttivo confronto».

Twitter @DanieleBovi

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10 replies on “UJ, Pagnotta contro il Comune: «Festival è all’asta. Al Pavone acari e puzza, proprietà si vergogni»”

  1. umbria jazz con massimo ranieri,mika,bosso e i soliti amici…si vabbé
    anche la rievocazione storica…parliamone!

  2. Facciamo un gioco Pagnotta, facciamo che tu ti togli di mezzo e troviamo altri che con quel budget umbria jazz continuano a farla. e forse anche meglio.

    1. Condivido…basta queste cariatidi,hanno fatto il loro tempo,sono anni che in cartellone ci sono sempre i soliti compagni!
      e quelli che dicono ci sono concerti anche gratuiti…si vero,chi credete che li paga?
      eh eh

  3. Invece di fare la solita polemica sterile in un periodo di forte spending review, il Sig. Pagnotta chiamasse 4 artisti decenti invece del solito Ray Gelato e vari teen idol pop che nulla hanno a che vedere con l’essenza Jazz del Festival.

    1. Non capisco la sua critica. D’altrode un direttore artistico di una manifestazione decide lui (ed il suo staff) chi invitare, a meno che UJ non sia una associazione con membri ed iscritti che hanno diritto di voto/veto su certe decisioni. Per il resto anche il pubblico sceglie sa? Lo fa quando apre il protafoglio: se una cosa non piace non la si va a vedere. Ed inoltre ci sono anche alcuni concerti gratuiti: se uno non si accontenta nemmno di quelli va a vedere altro a Perugia o fuori. Lo dico con cognizione di causa, a me del jazz non mi importa nulla e non ci vado, ma Pagnotta ha ragione. Una manifestazione importante ha bisogno di sostegno finanziario e di considerazione, altrimenti l’Umbria è vasta, ci sono altre città anche molto belle oltre a Perugia dove fare UJ.

      1. Scusi Sig. Romiti, lei non capisce la mia critica alle scelte del direttore artistico, ma tutti i Perugini devo capire le ragioni sue e del Sig. Pagnotta? Personalmente preferisco che il Comune utilizzi i soldi per altro, come la manutenzione stradale, piuttosto che aumentare i finanziamenti ad un Festival che, seppur efficace, trascura completamente gli aspetti legati all’essenza del Festival del quale porta il suo stesso nome , ovvero il JAZZ.
        Detto questo le ricordo che ho espresso una mia personalissima opinione, che da quanto si sente in giro è ampiamente condivisa, e che da seguito ad una mia precedente scelta, cioè quella di non andare all’Arena S. Giuliana perchè assolutamente non attratto dai nomi degli artisti offerti.
        Da libero cittadino di Perugia, visto che pago le tasse, ho diritto ad esprimere una mia personalissima opinione in merito agli artisti chiamati per un festival che non solo è finanziato anche con i miei soldi, ma che sopratutto non è ne mio ne tantomeno del Sig. Pagnotta che dovrebbe preoccuparsi più di soddisfare i gusti della città che ospita il Festival piuttosto che dei soldi che riesce a portare a casa.
        E non mi si venga a dire che con più soldi si chiamano artisti migliori, perche con i soldi di Lady Gaga o di Mika ci si chiamavano i Pink Floyd, cosi tanto per dire….
        Concludo ricordandole che l’Umbria sarà anche vasta, ma vi sfido a trovare una città strutturalmente, ma sopratutto attrattivametne capace di convogliare e sorreggere l’interesse nazionale su un festival del genere. Sopratutto ora che il Festival ha ben poco il profumo di jazz ma molto quello di business.

        1. A me del Jazz non importa molto, nemmeno di UJ se è per questo. Facevo solo notare che il sig. Pagnotta deve rispondere al consiglio di amministrazione di Umbria Jazz (dove probabilmente ci sono anche rappresentanti del Comune) ma non direttamente a noi cittadini, né a me né a lei che comunque già esprimiamo una opinione quando decidiamo (seppure per motivi diversi) di non spendere soldi per andare a sentire gli artisti. Lei perché è un purista del Jazz, io perché non sono interessato né al Jazz né a Lady Gaga.

          Ribadisco poi che le manifestazioni per crescere e mantenersi di livello hanno bisogno di soldi pubblici (in Italia è così e probabilmente anche in varie parti d’Europa) e di considerazione dalle amministrazioni e dalla politica locale.

          Riguardo alla attrattività di Perugia Le ricordo che si fanno in giro per l’Italia fetival di vario tipo molto interessanti anche in città più piccole di Perugia. D’altronde visto che UJ di fatto occupa una porzione non grande del centro storico di Perugia, mi vuole dire che non esistono in Umbria altre città dove trovare nello stesso territorio del comune una arena all’aperto, una piazza ed un teatro per fare esibire gli artisti? Mi sembra azzardato.

          Più che altro mi chiedo perché continua a chiamarsi Umbria Jazz visto che ormai da molti anni si svolge tutta (non so le Clinics, ma credo anche quelle) in uno spicchio del centro storico di Perugia… L’Umbria in una stanza.

          1. No, non è assolutamente azzardato, ma alquanto realistico. In Umbria non esistono spazi talmente capienti, ma sopratutto affascinanti al punto tale d’aggiungere all’evento un ulteriore valore scenografico, come quelli che offre Perugia. (Corso Vannucci, I Giardini Carducci, la stessa Arena Santa Giuliana) Mi dispiace per gli altri, ma in Umbria non esiste un’atra città come Perugia, per architettura, per dimensioni e per infrastrutture.
            Dove pensa di metterle 30000 persone a Villa Fidelia ? o al centro di Spoleto? o nella Piazza di Gubbio ? Foligno e Terni non le prendo nemmeno in considerazione per degli evidenti limiti attrattivi.
            L’alternativa sono gli stadi, ma li si perderebbe completamente quel fascino che puntualmente strega non solo i turisti, ma anche gli stessi artisti che prendono parte ad uno storico festival. La musica di strada, gli scorci bohemien dei caratteristici vicoli perugini e lo spettacolo della Fontana Maggiore non sono scenografie che offre una qualsiasi città….
            Umbria Jazz è magica proprio perchè si fa a Perugia e non il contrario, questo se lo ricordi il Sig. Romiti………..e qualcuno lo ricordi al Sig. Pagnotta.

  4. con tutto rispetto per l’età,certo che questo signor pagnotta un piccolo corso d’italiano, poteva anche frequentarlo daiiii
    sentirlo parlare e pensare che,da decenni è il patron di umbria jazz, fa pensare…molto!!!

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