Trentasei, il primo romanzo di Luca Gatti

di Danilo Nardoni

Quando il cambiamento si trasforma in ideologia senza progetto, partorita in modo confuso e rabbioso sul finire di un’epoca e all’inizio di una nuova, bisogna scegliere da che parte stare. Se dalla parte della convenienza o da quella della ragione. È ciò che succede in questa storia − in gran parte vera e documentata, ambientata tra il 1900 e il 1936 − che ha come protagonisti dei giovani ragazzi, poi reduci di guerra e infine politici. In modi differenti, si troveranno ad affrontare il passaggio dalla Belle Époque al fascismo, assecondando le proprie convinzioni e assistendo ai cambiamenti radicali di amici e conoscenti. Sarà Bixio, un aspirante paroliere, a raccontare queste vicende e soprattutto la storia del suo amico Mario Angeloni, repubblicano e antifascista, che vivrà gli anni delle lotte, delle aggressioni, degli omicidi e delle persecuzioni da protagonista assoluto, diventando il primo comandante italiano della Resistenza. Il primo comandante della guerra di liberazione dal fascismo. “Trentasei” (uscito per Bertoni Editore) è il primo romanzo storico di Luca Gatti, perugino doc e classe 1977. Mercoledì 26 agosto, alle ore 18.30, ai Giardini del Frontone a Perugia è in programma la presentazione del libro a cui parteciperanno l’editore Jean Luc Bertoni, Roberto Segatori (professore di Sociologia Politica all’Università degli Studi di Perugia), Primo Tenca (presidente della Società Operaia di Mutuo Soccorso) e naturalmente l’autore. Intanto abbiamo approfittato per capire qualcosa in più su questo lavoro che merita un primo accurato approfondimento, soprattutto per la storia che vuole raccontare.

Iniziamo subito dal titolo. Perché ‘Trentasei’?
“Oh, non posso, dovrei spoilerare!”

Questa pubblicazione è frutto di una lunga ricerca di anni, anche fuori dall’Italia. Come ti sei mosso in merito a questo aspetto della raccolta del materiale? Che lavoro c’è stato dietro?
“Il lavoro di ricerca è durato all’incirca due anni e mezzo, mentre nel complesso (anche a causa dei tempi per la stampa che si sono allungati per il covid) ho impiegato quattro anni. La ricerca è partita da materiale già esistente, dal saggio su Mario Angeloni pubblicato da Trequandi nel 2016 – che poi racchiude altre pubblicazioni precedenti sparse qua e là. L’approfondimento è poi proseguito su materiali cartacei (pamphlet, testi e quotidiani degli anni 20) spulciati presso la biblioteca Augusta. Ma per rendermi conto ancora meglio dei luoghi vissuti da Mario Angeloni ho approfittato di brevi soggiorni a Cesena, a Ponza, a Barcellona e in alti luoghi per trovare altre informazioni e immaginare le città di quegli anni, in pratica per ricostruire il contesto storico in cui si sviluppa il romanzo”.

I personaggi che racconti sono quasi tutti realmente esistiti. Come hai poi lavorato per trasportarli in una storia romanzata? E’ stata questa la parte più difficile?
“In effetti creare l’intreccio tra questi personaggi e i fatti non è stato facile. Un esempio è la voce narrante, Bixio, preso in prestito da un altro contesto degli anni ‘20 e trasformato in voce narrante nel romanzo. Il romanzo è sostanzialmente diviso in tre parti: la prima descrive la provincia italiana prima della Grande Guerra; nella seconda sono descritte e raccontate l’atmosfera e le circostanze del post conflitto. Ecco, questa è stata la narrazione per me più complessa, soprattutto farla emergere attraverso dei dialoghi. Dalla terza parte in poi (più o meno da pagina 80) il libro prende il via, si sciolgono alcuni nodi ed emerge un intreccio profondo di fatti e personaggi”.

La figura di Mario Angeloni è centrale. L’intento era anche quello di farla riscoprire visto che per molti è solo il nome di una Via?
“Le informazioni che i perugini hanno su Mario Angeloni sono frammentarie e rendono poco l’idea del giovane, dell’uomo e del politico di cui stiamo parlando. Qualcuno si è limitato a descriverlo come un antifascista, un repubblicano, un massone, perché iscritto alla Massoneria. Io direi che è stato un figlio del suo tempo, un uomo d’azione, figlio di una borghesia fervente mazziniana, medaglia d’argento nella Grande Guerra, repubblicano e democratico nel sangue, impavido fino a compiere azioni estreme e radicali, tanto da condizionarne l’intera esistenza. Un vero idealista. Ma la seconda sorpresa, per me, è stato il contesto storico e sociale in cui questa vita si è trovata. L’altra scoperta per me sono stati i fatti tragici che tra il ‘19 e il ‘26 investono dapprima la piccola provincia italiana (l’Umbria, che all’epoca comprendeva anche la Sabina) e poi il paese intero. Un mondo che non immaginiamo, un modo da raccontare, dove la mezzadria, per fare un esempio, era un cappio stretto intorno al collo di migliaia di famiglie. Non è un caso che il ritorno dal fronte di una generazione traumatizzata e la rivoluzione russa generino il sogno del cambiamento (il biennio rosso) e poi la reazione degli agrari, con il sostegno al fascismo, ‘il nuovo cambiamento’”.

La storia insegna ma spesso non si impara mai dalla storia. Che similitudini o differenze ci sono tra i giovani protagonisti del volume dei primi del ‘900 e quelli di oggi? Qui racconti il passaggio dalla Belle Epoque al Fascismo, ma riferimenti all’attualità o agli ultimi anni della nostra storia democratica si possono fare?
“Credo che stiamo parlando di due epoche profondamente diverse, ma con vari aspetti in comune e varie assonanze. Per esempio, la crisi economica post guerra e la sensazione di smarrimento, di frustrazione e di rabbia per le sofferenze vissute dai fanti-contadini mi rimandano, in piccolissima parte e fatte le debite proporzioni, alle frustrazioni, alla rabbia e allo smarrimento della mia generazione dopo la crisi del 2010. Il malessere e l’insofferenza percepiti sono molto simili”.

Proseguiamo in questo gioco, perché il romanzo storico sempre più viene utilizzato per raccontare e far capire meglio il presente e l’attualità. Come leggi questi anni e magari come prevedi il 2036 a livello sociale e politico, visto che sei un attento osservatore e informatore delle questioni locali, italiane ed europee?
“Esistono dei sentimenti e dei valori che sono eterni, narrarli in una storia di 100 anni fa ci aiuta a riflettere, ci rende meno coinvolti con il presente. Raccontare, senza semplificare, i fatti di un passato più o meno lontano forse ci permette di capire la complessità e le contraddizioni che ogni giorno viviamo. Come esseri umani e come società. Per quanto riguarda il futuro, la mia impressione è che siamo entrati in un’era dove la velocità delle scoperte tecnologiche è straordinaria. Dieci anni fa pochi avevano lo smartphone, venti anni fa eravamo in pochissimi ad avere una e-mail. Oggi sento parlare di condivisione dell’energia prodotta nelle proprie abitazioni. Di un futuro prossimo nel quale dallo smartphone potremo decidere se vendere o meno l’energia prodotta dal tetto di casa. Sembrerebbe un’epoca straordinaria, ma c’è da stare molto attenti: il cambiamento climatico genererà nuovi problemi, nuove ondate migratorie, una parte del pianeta, quella che cresce numericamente(!) è tagliata fuori. Non possiamo far finta di non vedere o costruire muri fregandocene. Servono grandi progetti, e per questo sarà interessante vedere come gestiremo il Recovery Fund europeo, per poterlo ad esempio riadattare in Africa, un continente che ci guarda e ci riguarda molto da vicino”.

Sei alla tua prima opera, dopo anni passati anche dentro il mondo della comunicazione e dell’editoria, pure come giurato per concorsi letterari. Era quindi arrivato il momento giusto per pubblicare qualcosa? Contento del risultato? Pensi che ci sarà anche un seguito?
“Difficile dirlo. Negli ultimi dieci anni ho letto una quantità di libri che non avrei mai immaginato, tra questi quelli per il premio letterario Cesari, ormai un premio importante, che inizia ad affermarsi. ‘Trentasei’ nasce da piccole certezze; nasce dalla voglia di raccontare un percorso umano, quello di Mario Angeloni, di trasformarlo in un romanzo, e poi si evolve in uno studio e una riscoperta di un’epoca di passioni, di fatti e biografie per me entusiasmante. In quel momento, mentre leggevo e ricercavo, ho sentito la voglia di raccontare, di far riemergere quei nomi, quei luoghi, quegli eventi. Solo in quel momento ho capito che dovevo continuare perché quelle storie meritavano di essere ricordate. Se questa sensazione riemergerà lo vedremo presto”.

Luca Gatti
Nel 2005 dà vita a egmagazine.eu, pagina online di approfondimenti di politica europea, politica
internazionale, arte e cultura. Nel 2010, dopo aver conseguito la certificazione Ditals dell’Università per Stranieri di Siena, inizia una nuova fase della sua vita come insegnante di Italiano a stranieri. Nel 2012-2013 si trasferisce a Bruxelles per collaborare con il gruppo di eurodeputati polacchi al Parlamento europeo. Oggi lavora come insegnante di lingua e cultura italiana. Dal 2012 ha un blog, SkypeEuropa, sul giornale «Linkiesta», dove scrive di politica nazionale, europea e internazionale. Di recente ha iniziato una nuova collaborazione con il giornale «Gli Stati Generali». Per maggiori informazioni www.gattiluca.eu.