Sonny Rollins ieri sera all'arena (foto M.A. Manti)

di Daniele Bovi

«Tu fai quello che potrebbe sembrare una svolta. E poi bisogna fare un passo indietro, fare un passo in avanti; allora devi fare un passo o due di lato. L’idea che “oh, accidenti, ora ho capito, sono giusto sulla traccia”, non si materializza mai davvero». Tanti anni fa Sonny Rollins usò queste parole per descrivere l’arte dell’improvvisazione di cui è maestro e di cui ha dato prova nei novanta minuti di concerto andati in scena venerdì sera all’arena Santa Giuliana di Perugia. E se i passi di Rollins sono da anni difficili a causa del vecchio problema all’anca che lo affligge, quelli al sax non lo sono.

L’emozione Veder apparire la sua figura provoca, anche per chi ha potuto gustare un suo concerto più di una volta, emozioni profonde: la storia si presenta sul palco con passo ciondolante, i bianchi capelli afro e una camicia chiara di seta che da lontano conferisce alla figura l’aura di una luce viva che si aggira per il palco. Ora in primissimo piano, ora appena più dietro quando sceglie di concedere tempo ai suoi musicisti tra cui lo storico Bob Cranshaw e il trombonista Clifton Anderson, già visto a Umbria Jazz con Rollins e apprezzato per i suoi lavori da solista. Il la alla serata dell’arena lo ha dato una composizione recente di Rollins il cui titolo è tutto un programma: «Patanjali». Patanjali che altro non è se non una figura circondata dal mistero alla quale viene attribuita la stesura del testo cardine dello Yoga darsena.

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Patanjali Una pratica che riveste grande importanza nella vita dell’82enne ragazzo di Harlem che per andare a scuola passava di fronte al Cotton Club. Su un tappeto infuocato e intrecciato dalla sezione ritmica, completata da Kobie Watkins alla batteria e da Sammy Figueroa alle percussioni, per lunghi minuti Rollins fa quanto sopra descritto da lui stesso: un passo avanti, uno indietro, due di lato. E’ tutto qui, in fondo, con il sassofonista di Harlem che, come capì anni fa, suonando medita.

Sonny, please La serata prosegue con i lampi di brillantezza contenuti in «Sonny, Please», ultimo album in studio registrato nel 2006. Oltre al pezzo che dà nome all’intero lavoro, Rollins esegue quella romantica ballad che è «Serenade» e, dedicata «al mio caro amico Vittorio» (Vittorio Franchini, scrittore, giornalista e critico musicale) un cavallo di battaglia come «Don’t Stop The Carnival». Complessivamente un concerto bilanciato grazie al contributo di energia e idee dato dalla band. La platea è tutta in piedi, come sempre, e invoca Sonny, please. Gli 82 anni però si fanno sentire e dopo un’ora e mezzo tirata il Colossus si ritira nel backstage.

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