Paolo Vinti lungo Corso Vannucci (foto F.Troccoli)

di Danilo Nardoni

Ci sono persone che più che essere segnate da una città, la segnano con la firma della loro straordinaria personalità. Grazie ai loro ideali senza tentennamenti, le loro passioni accese, delimitano e nobilitano quel territorio, fanno riflettere chi condivide lo stesso spazio, cooptano nella propria cerchia scenica perfino le strade, le piazze ed i monumenti. È stato questo il destino, questa la forza, del leggendario “compagno” Paolo.

Perugia è diversa Tanto che ora, da quando Paolo Vinti è andato via da quel 28 novembre 2010, portandosi dietro anche Paul Beathens e Pablo Vencido, i suoi emozionati ed emozionanti pseudonimi, Perugia indiscutibilmente permeata dalla sua presenza affettuosa ed al tempo stesso provocatoria, non sembra più, neppure nella sua struttura, la stessa città che accoglieva a modo suo, con un misto di interesse e di indulgente curiosità, le sue declamazioni. Adesso che ad incombere è sempre l’assenza, c’è ancora l’incredulità per la prematura scomparsa dell’uomo di lotta e di pensiero, del giornalista e dello scrittore, dell’analista politico affezionato alla verità dell’utopia, ma sempre pronto a celebrarne la trasformazione in realtà.

Rimpianto Lontano anni luce dalle alchimie di Palazzo, eppure appassionato animatore della politica locale ed imbattibile conoscitore della “geopolitica”. Con il cuore equamente vicino alle sorti dei governi di sperduti paesi del Sud America e al destino del governo italico che tanto avrebbe voluto vedere «andare a casa». «Sarà un governo di breve durata» amava ripetere ogni volta che con lui si entrava in argomento. E chissà, forse la morte l’ha preso perché allora come oggi non provasse l’ennesima delusione. Ma c’è soprattutto il rimpianto per quelle fulminanti schegge di filosofia e quei voli liberi che donava agli altri con ammirevole generosità, sia seduto nei bar, nei locali e nei caffè letterari che frequentava, circondato dalle pietre perugine che erano il suo controcanto, o durante la foga di incontri ed assemblee pubbliche in cui le sue parole assumevano la consistenza dei fatti nella levità dei sogni.

Compagno Si è molto discusso, e si discute ancora, su un prima ed un dopo nell’esistenza di Paolo, di due stagioni diversamente vissute a condizionarne i comportamenti. Come se la normalità – concetto sempre discusso e discutibile – fosse appannaggio dell’una e non dell’altra. Non è sempre così e non lo è stato per Paolo. Perché dal leader studentesco di ieri, all’affabulatore di questi ultimi anni, in realtà non c’era quella distanza che un certo conformismo avrebbe voluto segnalare. Se davvero contano gli ideali, quelli duri e puri non hanno mai vacillato un momento, tanto nel ragazzo quanto nell’uomo. Quel suo continuo definirsi “compagno” a dispetto di tutti e soprattutto di quanti, pur sentendosi ancora tali, non osano la medesima determinazione per convenienza o malcelato timore. Quel suo apostrofare gli altri con lo stesso epiteto, con simpatia, ironia e anche un pizzico di provocazione. Quel suo pugno alzato, e alzato con fatica anche in punto di morte.

Società migliore Tutto ciò, ancor più della testimonianza di una normalità, a suo modo ritrovata o meglio rinnovata, è la rappresentazione di una vita autenticamente vissuta. È l’affermazione della coerenza che ha caratterizzato l’intera esistenza di Paolo, spesa non nella vana reiterazione del desiderio irrealizzabile, ma nella personale consapevolezza che da valori come uguaglianza, giustizia, solidarietà, pace e lavoro, potesse davvero nascere una società migliore. Ed è per questo che la sua quotidiana narrazione, che a molti poteva sembrare astrusa, era invece sì spiazzante, ma anche decifrabile. Bastava guardare un po’ più in là, anzi un po’ più su, per trovarne il bandolo: «Tesi, ipotesi, sintesi. Traiettoria, consistenza, realizzazione. Pensiero, idea, programma. Teoria, ideologia, rivoluzione. Cosmo rosso, cosmo libertà ed uguaglianza».

Produzione e rivoluzione Se ne può seguire il filo anche andando a rileggere le sue pubblicazioni e, per chi ha la fortuna di averli raccolti meticolosamente, i suoi “fogli” ciclostilati e consegnati a mano con periodicità in giro per Perugia; a rivedere i filmati di sue declamazioni sparse in giro su YouTube o il film ‘Astratto Rosso’ che il Collettivo Ipanema aveva dedicato «alle avventure di un uomo i cui principali interessi sono libertà, uguaglianza, pace, amore, sessualità, arte, concetto, cultura, divaricati dal potere, dalla moneta, dalla decisione»; oppure riascoltando i dischi ‘Cosmo Rosso’ e ‘Celeste Impero’ realizzati insieme agli amici Sergio Piazzoli e Gianluca “Prince” Liberali, con quest’ultimo che per primo riuscì ad intuire come la musica poteva sorreggere la ritmicità intrinseca delle parole di Paolo e come questo modo estremamente spontaneo di esprimere un messaggio poetico-politico era fortemente già organizzato in una struttura di frasi musicali. Per arrivare, infine, al titolo del suo ultimo libro ‘Rivoluzione’. È questo il motivo per cui credo che l’ultimo saluto più gradito sia stato quello che gli universitari, in lotta contro una ennesima riforma, gli hanno dedicato qualche anno fa: «Paolo non ti preoccupare. La rivoluzione la faremo». Così come speriamo che il leggendario “compagno” Paolo, mentre Perugia lo salutava per l’ultima volta in una gremita ex Chiesa di San Bevignate sulle note di “Bella Ciao” e dell’Internazionale, si sia finalmente incontrato con il suo Tutto, coniugandosi con quel Cosmo Rosso che ha invocato per tutta la vita «con emozione altissima».

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9 replies on “Caro Paolo Vinti, che il Cosmo Rosso ti sia ancora ‘compagno’ nell’altra vita. Un ricordo”

  1. Un bellissimo articolo, una grande emozione nel ricordarlo.
    Buon inizio di Millennio a tutti !

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