«Piena soddisfazione» per la decisione del tribunale del Riesame che ha confermato il carcere per Francesco Rosi, il 43enne reo confesso per l’omicidio della moglie Raffaella Presta è stata espressa in una nota dall’avvocato Marco Brusco, legale della famiglia della vittima insieme a Carlo Federico Grosso del foro di Torino e a Galasso di quello di Lecce. Secondo l’avvocato Brusco «il delitto si inserisce in un contesto di violenza sistematica perpetrata dal Rosi, di guisa che la premeditazione dell’omicidio appare altamente probabile».
Parlano i legali «Tranciante – scrivono ancora i legali – è stata la motivazione, altresì, in ordine all’acquisizione del Dna del minore, illegittima oltre che inutilizzabile da un punto di vista processuale (e in ordine alla quale stiamo valutando attentamente le iniziative da intraprendere a tutela del minore e della memoria della povera Raffaella). Attendiamo serenamente, in ogni caso, la fine delle indagini sebbene il quadro indiziario appaia già in questa fase granitico».
Il provvedimento I giudici Narducci, Semeraro e Verola nel provvedimento per quanto riguarda il prelievo del Dna hanno scritto che «è stato acquisito in violazione dei divieti stabiliti dal codice di procedura penale e pertanto è inutilizzabile», «non rispetta i requisiti minimi dei protocolli internazionali in materia di prelievo di tracce biologiche» e quindi non può essere attendibile, e,«anche se fosse utilizzabile», «non può un accertamento tecnico svolto dopo l’omicidio rappresentare un elemento di riscontro della versione fornita dall’indagato» sul motivo scatenante dell’omicidio stesso. Quanto a Francesco Rosi, secondo i magistrati si tratta di un soggetto «eccezionalmente pericoloso e può tornare ad uccidere, ammazzando persone che lo oltraggiano pesantemente o lo feriscono verbalmente».