Il tribunale di Terni

di Fabio Toni

È ripreso martedì mattina a Terni il processo per le conseguenze del rogo che distrusse la Ecorecuperi di Vascigliano di Stroncone. Il capannone dell’azienda, stipato di rottami d’auto e materiali plastici, iniziò a bruciare il 2 luglio 2009 e per domare l’incendio furono necessari ben centotredici interventi da parte dei vigili del fuoco, distribuiti nell’arco di quarantotto giorni. Il rogo lasciò dietro di sé una lunga scia di dubbi, polemiche e anche qualche certezza, come il forte disagio ancora oggi vissuto da imprenditori, allevatori e residenti della zona.

Parti civili Nel corso dell’udienza che si è svolta di fronte ad un nuovo collegio giudicante, circa cinquanta soggetti hanno chiesto di costituirsi parte civile. Si tratta per lo più di agricoltori e allevatori della zona interessata dalle conseguenze ambientali dell’incendio. Molti di loro erano stati già individuati come persone offese nel corso delle indagini. Oltre ai privati, hanno chiesto di entrare nel processo anche associazioni come Legambiente, Codici, Earth e la confederazione italiana agricoltori. Il ministero dell’ambiente e quello dell’interno, rappresentati dall’avvocato dello Stato Francesca Morici, si erano già costituiti nel corso dell’ultima udienza di giugno.

Sequestro dei beni I legali delle parti civili hanno anche chiesto il sequestro conservativo dei beni dei quattro imputati e dei soggetti indicati dalle parti come responsabili civili (Arpa, Regione, comune di Stroncone e curatela fallimentare della Ecorecuperi). L’istanza di sequestro è stata formulata in vista di eventuali risarcimenti. Su quest’ultima e sulle richieste di costituzione, si esprimerà la corte nell’udienza del prossimo 13 marzo, dopo aver esaminato le eccezioni avanzate dalle difese.

Imputati In aula erano presenti tre dei quattro imputati: il sindaco di Stroncone Nicola Beranzoli, il direttore del dipartimento Arpa di Terni Adriano Rossi e il legale rappresentante della Ecorecuperi Massimo Scerna. Assente invece l’imprenditore Terenzio Malvetani. Secondo la pubblica accusa, rappresentata dal pm Elisabetta Massini, Rossi, Beranzoli e Malvetani avrebbero agito in concorso per minimizzare le conseguenze del rogo, nella fattispecie l’inquinamento da diossina, consentendo così il commercio e la diffusione dei prodotti contaminati e la coltivazione su aree inquinate. Per Scerna le accuse riguardano tutta una serie di violazioni colpose in merito a sicurezza, formazione dei dipendenti e normative antincendio.

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