di Enzo Beretta

Aveva 17 anni Alex. Solo diciassette anni e un sorriso dolce quanto spensierato. Alex non c’è più, è volato in cielo l’11 marzo di tre anni fa. «Gli diagnosticarono una leucemia non fulminante – racconta Stefano, il suo giovane papà -. Gli hanno fatto quattro chemio ed è morto per emorragie diffuse». 

Studenti e insegnanti Il ricordo di Alex vive nella targa dell’aula dell’Ipsia Cavour Marconi Pascal di Piscille che i compagni di scuola e gli insegnanti hanno voluto dedicargli: «Un ragazzo dal carattere eccezionale, encomiabile nel comportamento e sempre capace di trasmettere valori positivi – questa è la descrizione che ne viene ancora fatta nei corridoi dell’istituto -. Un esempio e un modello per tutti». 

Il selfie con la famiglia Il ricordo di Alex accompagna l’esistenza dei genitori, dei suoi due fratelli maggiori e dei nonni. «Vivrai sempre dentro il nostro cuore – posta sui social network il padre accompagnando la dedica a un un allegro selfie scattato insieme a tutta la famiglia -. Per me sono finite le gioie, le speranze, i colori, le risate. Sei nel nostro cuore, ogni sera lo sguardo va in cielo perché la nostra stella più bella vive lassù. C’è sempre un pensiero che ci portiamo a letto». 

Il fascicolo archiviato La morte di Alex è stata archiviata e da quel giorno la famiglia non si dà pace: «Qualcuno, sbagliando, è riuscito a interrompere i sogni del mio ragazzo in soli 20 giorni – racconta il papà -. Un anno dopo ci è stata data la risposta dell’autopsia e hanno chiuso il caso». Pochi mesi fa, però, la famiglia ha depositato in Procura a Perugia un’istanza per la riapertura delle indagini. 

«Riaprite il caso sulla morte di Alex» I consulenti di parte sono giunti a conclusioni diverse rispetto a quelle dell’esperto incaricato dal pubblico ministero e per questa ragione viene ora sollecitata la nomina di medici legali specializzati in ematologia e oncologia: «Per dimostrare l’errato trattamento medico a cui è stato sottoposto Alex, che lo ha condotto al suo decesso». Secondo quanto si legge nelle carte giudiziarie della famiglia ci sono stati «errori medici in stretto nesso di causalità con la morte» del 17enne che «malgrado un paio di inquietanti episodi» avvenuti durante precedenti ingressi in ospedale «non è stato sottoposto ad esami endoscopici» che «avrebbero permesso di accertare senza ombra di dubbio da un lato l’emorragia in corso causata dalla mucosite e dall’altro di sospendere il trattamento chemioterapico». 

L’istanza della famiglia Certe decisioni degli oncologi vengono definite «imprudenti». Leggiamo: «Stante gli episodi di rettoragia una corretta valutazione del rischio avrebbe dovuto indurre a una ben maggiore cautela nella reintroduzione della polichemioterapia, posticipandola alla completa guarigione delle lesioni intestinali o, eventualmente, rimodulandone il dosaggio». Il consulente di parte Luisa Regimenti confuta le tesi del collega medico legale: «La valutazione di altre possibilità terapeutiche poteva indurre a considerare la rimodulazione della terapia di induzione riducendo la dose totale prevista dai chemioterapici o dilazionando la somministrazione della chemioterapia – ne è convinto l’avvocato della famiglia – o applicando entrambe le strategie, al fine di valutare l’andamento della complicanza intestinale e riducendo il periodo di aplasia, favorendo la guarigione della mucosite e permettendo la ripresa dei cicli chemioterapici in condizioni di maggiore sicurezza». 

«Proseguite le indagini» «Elementi idonei a disporre la richiesta del pm al gip per riaprire le indagini – si legge ancora nell’atto di parte -. Anche la rivalutazione di acquisizioni precedenti in un’ottica diversa in base alla prospettazione di un nuovo progetto investigativo può consentire di riavviare indagini già oggetto di archiviazione».