di Chiara Fabrizi

Sono tre gli imprenditori umbri indagati nell’inchiesta della Procura di Milano su una presunta «organizzazione criminale» dedita al riciclaggio di proventi illeciti per complessivi 22 milioni di euro, derivanti da «una frode fiscale» nel settore dei metalli ferrosi. Al centro delle indagini ci sono 18 persone e 24 società italiane e straniere. In particolare i tre umbri risultano indagato associazioni per delinquere, riciclaggio e frode fiscale per emessione di fattura relative a operazioni inesistenti.

Riciclaggio e frode I tre umbri, residenti a Foligno, Spello e Trevi, sono soci di una compagnia che aveva sede a Spello, ma che ora è stata spostata nelle Marche. Le forze dell’ordine a loro carico hanno eseguito le perquisizioni domiciliari delle rispettive abitazioni. A casa dell’imprenditore di Spello gli investigatori hanno sequestrato denaro contante, orologi, computer e telefono cellulare, mentre a suo carico sono scattati i sigilli anche per unità immobiliari e terreni presenti sia all’interno del territorio comunale che nella vicina Foligno, ovvero l’abitazione, un villino e relative pertinenze.

Tre umbri indagati: blitz nelle loro case e sequestri Sempre a carico dello spellano, poi, è scattato anche il sequestro di una cassetta di sicurezza custodita all’interno di un istituto di credito della zona, all’interno del quale sono stati trovati altri contanti, orologi e gioielli. Altre due perquisizioni domiciliari, poi, sono state eseguite nella abitazioni degli altri due indagati a Foligno e Trevi, dove si è proceduto al sequestro di documentazione amministrativo contabile, telefoni cellullari e due auto. Complessivamente ai tre umbri sono stati sequestrati 44.700 euro in contanti, orologi per 40 mila euro circa, immobili e terreni per mezzo milione, auto per 65 mila euro e gioielli pe 10 mila euro.

L’indagine I sequestri sono stati eseguiti, oltreché in Umbria, anche in Lombardia, Marche, Liguria, Piemonte e Puglia, in esecuzione a un decreto preventivo d’urgenza. Secondo le accuse i 18 indagati utilizzavano le 24 società nazionali ed estere per far «transitare i capitali illeciti», prima diretti verso paesi dell’Unione Europea e successivamente reintrodotti in Italia mediante restituzione in denaro contante agli artefici della frode. Alcune società coinvolte sono state segnalate anche per violazioni delle norme sulla responsabilità amministrativa degli enti.

@chilodice

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