Il giudice Umberto Rana ferito ©Fabrizio Troccoli

di Enzo Beretta

L’«odio cieco» e il «progetto di vendetta» hanno spinto Roberto Ferracci fino al secondo piano del tribunale civile di Perugia per uccidere il giudice Francesca Altrui. Il tentato omicidio del magistrato nella stanza 111 e del collega Umberto Rana che «si era intromesso tra lui e il suo bersaglio» era stato pianificato dall’albergatore 53enne partito da Spello con due grandi coltelli nel marsupio.

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«Profonda ingiustizia» Secondo il gip Carla Giangamboni che ha convalidato l’arresto, trattenuto in carcere l’uomo e spedito gli atti a Firenze in virtù del coinvolgimento di due magistrati del distretto umbro l’indagato – costretto a vendere la pensione Julia di famiglia a un prezzo notevolmente ridotto rispetto al valore per via di un’esecuzione immobiliare – insieme ai suoi familiari aveva «maturato da tempo una profonda ingiustizia».

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«Chiara intenzione di uccidere» Il movente è da ricercarsi in quella procedura incardinata alla sezione fallimentare. La «rabbia», però, è scattata lunedì mattina quando un terzo giudice – non la Altrui – aveva rigettato l’ennesimo ricorso. «Il riferimento alla procedura è stato solo un pretesto per avvicinarsi e colpire con maggior facilità il suo obiettivo – scrive il gip -. Al di là della gravità delle lesioni l’intenzione di uccidere è chiara» per il numero di colpi portati e per la «considerevole» durata dell’aggressione.

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«Un intralcio da eliminare» C’era «premeditazione». «Ferracci – è un passaggio dell’ordinanza – non ha esitato a colpire Rana con un fendente al petto potenzialmente letale». «Nella sua mente costituiva un intralcio da eliminare». Poi è tornato a inseguire la Altrui nel corridoio dove è stata vibrata la pugnalata più grave alla schiena.

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«Spirale di odio violento» Al momento dell’arresto Ferracci, difeso dall’avvocato Silvia Olivieri, ha mostrato un certificato medico in cui è indicata un’invalidità del 75 per cento per un «disturbo distimico e ossessivo compulsivo di personalità». Ma deve comunque rimanere in carcere perché oltre a non aver mostrato alcun pentimento per l’accaduto – è spiegato – è «entrato in una spirale di odio violento diretto contro tutti quelli che ritiene responsabili della rovina economica sua e della sua famiglia».

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L’accetta nel comodino Non si possono escludere comportamenti violenti contro «altri soggetti come funzionari di banca, il professionista delegato alla vendita, il custode, peraltro già minacciato, il magistrato estensore della recente sentenza sfavorevole». E’ «pericoloso» Ferracci: nel comodino vicino al letto la polizia ha sequestrato un’accetta.

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La difesa: carcere è esagerato «Ritengo il provvedimento molto forte – dichiara l’avvocato Olivieri – e non in linea con l’applicazione consuetudinaria di misure alternative alla custodia cautelare in carcere. Quest’ultima misura dovrebbe essere applicata solo in via residuale quando non vi sono altre condizioni per poterne applicare altre meno afflittive come gli arresti domiciliare con l’applicazione del braccialetto elettronico in grado di tracciare eventuali spostamenti».

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One reply on “Perugia, l’«odio cieco» dell’albergatore che dormiva con l’accetta nel comodino”

  1. SOSTENGO CHE I GIUDìCI QUANDO SBAGLIANO , ” E SBAGLIANO SPESSO” NON PAGANO MAI NULLA DI TASCA LORO MA E’ SEMPRE IL CONTIBUENTE CHE PAGA I LORO DANNI, CIOE’ LO STATO, SECONDO ME CON QUESTO SISTEMA SVOLGONO IL LORO
    LAVORO CON MOLTA SUPERFICIALITA’, MENTRE INVECE PENSO CHE SE PAGASSERO DI TASCA LORO I PROPRI ERRORI,
    CI SAREBBERO INDAGINI E GIUDIZI MOLTO PIU’ CORRETTI NEI CONFRONTI DEGLI INDAGATI.IL POVERO FERRACCI HA
    SICURAMENTE SBAGLIATO MA BISOGNEREBBE VEDERE PER QUALE MOTIVO E’ STATO PORTATO AD AGIRE COSI.

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