di Enzo Beretta

Il processo a Raffaele Argirò, già vicecomandante della polizia penitenziaria del carcere di Capanne accusato di violenza sessuale aggravata ai danni di un’ex vigilessa milanese, non è ancora iniziato. Ieri il primo collegio del tribunale penale di Perugia, presieduto da Gaetano Mautone, pur non essendo iniziata l’istruttoria ha rinviato tout court l’udienza al 23 maggio 2017. Nelle due precedenti – ottobre 2014 e marzo 2015 – ci si era limitati alle liste dei testimoni e pochissimo altro. Si apprende nei corridoi del tribunale che l’udienza di martedì è stata rinviata perché uno dei componenti del collegio è stato trasferito per alcuni mesi alla Corte di Giustizia europea. Fino a questo momento nessuno dei circa 40 testimoni è stato sentito ma il dibattimento a porte chiuse dinanzi al collegio, composto per la terza volta in maniera diversa, ha incassato un altro rinvio.

Tre anni fa il rinvio a giudizio Il rinvio a giudizio del gup Lidia Brutti è datato 29 novembre 2013. I fatti contestati risalgono al dicembre 2006-gennaio 2007, la denuncia però è stata formalizzata alla polizia in ritardo – nell’ottobre 2011 – e il Pm Massimo Casucci ha chiuso le indagini un anno esatto dopo. Mettendo al sicuro le dichiarazioni della persona offesa nell’incidente probatorio durante il quale la donna ha parlato di un «rapporto padrone-schiava» caratterizzato da «una decina di rapporti sessuali».

La delusione della parte civile Tuona l’avvocato di parte civile Mario Tedesco: «In seguito ad una circolare del Csm il presidente del collegio ha catalogato questo processo come uno di quelli da non trattare con priorità. Eppure i fatti contestati sono gravissimi. Siamo delusi e amareggiati, abbiamo già messo in conto che tutto si prescriverà – prosegue Tedesco – e se a maggio prossimo il giudice Pazzaglia non sarà tornato verrà rimandata perfino la prossima udienza».

L’imputato: sono innocente Sono piuttosto lunghi i termini di prescrizione per un reato come la violenza sessuale ma Argirò, 61enne di Stignano (Reggio Calabria) sembra intenzionato a dimostrare in aula la propria innocenza, desideroso che il processo venga celebrato in tempi ragionevoli. «L’attesa lo rende sofferente – spiegano i suoi avvocati Daniela Paccoi e Silvia Egidi -. Aspettava una risposta diversa dalla Giustizia ma, è evidente, non è così».

Lo scandalo e la pensione Poche settimane dopo lo scandalo della «guardia di Amanda Knox» si sono accelerati per Raffaele Argirò i tempi della pensione. Nei suoi diari l’americana aveva descritto il poliziotto come un uomo «fissato col sesso». Come riportato dal tabloid inglese The Sun la giovane di Seattle, detenuta quattro anni a Capanne e poi definitivamente assolta dall’omicidio di Meredith Kercher, aveva scritto in un memoriale: «Di notte mi convocava al terzo piano in un ufficio vuoto per una chiacchierata. Quando gli ripetevo che dell’assassinio di Meredith non ne sapevo niente cercava di parlarmi di lei o di portarmi verso l’argomento sesso». Nel libro Waiting to be heard aveva aggiunto: «Il secondino mi chiedeva con quanti ragazzi avevo fatto sesso, come mi piaceva farlo, se avessi voluto farlo con lui». Queste molestie non rientrano nel capo di imputazione in quanto non è mai stata avanzata nessuna denuncia da Amanda, minacciata soltanto a parole dall’agente penitenziario di una querela per diffamazione mai avanzata in Procura. Riguardo invece alle accuse della vigilessa l’imputato ha replicato seccamente: «Non l’ho mai sfiorata neanche con un dito, ad un agente uomo non è consentito entrare nel braccio femminile se non accompagnato da una collega donna».

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