di Francesca Marruco
«Io non c’entro niente con l’omicidio di Roberto Provenzano: quello nell’intercettazione non sono io. Non sono mai stato lì». E allora perché Luciana Marca lo avrebbe accusato di aver parteciapto al delitto? «Perché lei aveva molti motivi per avercela con me e le sue dichiarazioni sono assolutamente false». E’ questo, in estrema sintesi, quello che Antonio Procopio ha dichiarato giovedì mattina in sede di interrogatorio di garanzia davanti al gip Carla Giangamboni. Procopio, arrestato mercoledì mattina perché alla luce di nuove indagini è stato accusato dell’omicidio di Roberto Provenzano avvenuto a Perugia nel 2005, insieme al cugino Gregorio Procopio – già assolto due volte per l’omicidio e adesso in attesa del pronunciamento della cassazione -, per i pm Gemma Miliani e Giuseppe Petrazzini sarebbe colui che ha accompagnato l’assassino a compiere il suo delitto. Procopio, difeso da Donatella Panzarola e Christian Giorni, secondo l’accusa avrebbe inoltre «curato le fasi dell’allontanamento dei correi e dell’occultamento dell’arma».
INTERCETTAZIONE: LA PIANIFICAZIONE DELL’OMICIDIO PROVENZANO
L’INTERCETTAZIONE: “AMMAZZA A CHISTU”
La sera dell’omicidio Nell’ordinanza i pm ricostruiscono la sera dell’omicidio di Provenzano:«Gregorio usciva di casa e dall’auto chiamava il cugino Antonio dicendogli che stava andando a prendere un caffè…i due, dopo essersi incontrati non si recavano al bar Cavaliere ma alla ‘terra’, come comprovato dall’attivazione della captazione ambientale all’interno dell’autocarro». E dentro il container quello che secondo la procura è Antonio Procopio direbbe «Pronto, pronto, sto arrivando a casa, non importa sto venendo alla terra, sto arrivando subito con Gregorio» e ancora, sempre Antonio «compà due minuti di tempo per arrivare» e Gregorio che dice «Bello, bello che tra due minuti avissimu arrivari», con Antonio che, secondo le nuoeintercettazioni ripulite direbbe: «Però non l’ammazzi te…».
TUTTI GLI ARTICOLI SULLA NDRANGHETA
INTERCETTAZIONE: L’INCONTRO COL CAPO DI CIRO’
Morto prima Dopo l’omicidio seguono molte telefonate tra le persone adesso arrestate e al telefono il tenore è sempre quello di fingere sorpresa e dispiacere per la morte di Robertino Provenzano. Ma è quando si vedono nuovamente alla ‘terra’ che mergono i commenti veri: Papaianni dice «se era morto prima non era meglio?Una bocca in meno da sfamare» e Gregorio racconta: «tu invece mi ha detto ‘Spara’, ‘spara’ ha detto» e ancora:«Senza che ho aperto il carrello e sono andate un po’ di cose indietro, dopo quando lui mi ha dato una botta sulla testa me lo sono perso, mo ti sparo nella testa, una botta sola per prenderlo». Roberto Provenzano venne ucciso con una colpo secco in testa, lo ritrovarono rannicchiato in bagno.
Lo stub In quella stessa conversazione captata dalle cimici, Procopio, Bartolo e Papaianni parlanop della prova dello Stub fatta a Procopio in questura e gli altri gli dicono come rimuovere le tracce di polvere da sparo: «Te lo dico io perché non hanno trovato e sono sicuro. Con la schiuma da barba, ti fai i peli, con il raosio», «ti apri i pori della pelle e ti pulisci» chiede Procopio, e l’altro risponde«Bravo sembra strano no?» e ancora Papaianni «Eh si. Però tu pensi che loro sono stupidi?Non vedono che ti sei fatto i peli?» e Bartolo dice «E sono due giorni, che c’è? Erano così lunghi».
I timori di Provenzano Roberto Provenzano temeva per la sua vita e in una telefonata prima di morire lo diceva a Giuseppe Affatato: «A me hanno detto che è arrivata la comanda da là sotto Pino», e ancora «c’è chi si è messo in giro e va dicendo a destra e sinistra tante storie su di me, no?».
L’impero «Avete costruito un impero a Perugia» diceva Vincenzo Bartolo a Gregorio Procopio in una delle intercettazioni captate nelle ore precedenti al delitto Provenzano, e aggiunegva «se noi in due anni siamo diventati quello che siamo diventati, con voi a fianco quello che dicevo al compare Sasà ( papaianni, ndr) con voi a fianco diventeremo tre volte pù forti». «Ci metterò tutta la buona volontà» diceva Procopio, «Compà Gregò – aggiungeva Bartolo – noi si è lavorato i primi anni insieme a PROV..a coso..E’ un ragazzo, i primi tempi comà Gregò i lavori me li faceva bene, quando si è fatto, che si è fatto i soldi che mò è miliardario nel vero senso della parola no, mo è costruttore, in due anni lo abbiamo fatto diventare costruttore a questo cornuto di merda». Prov per i magistrati era Provenzano.