I militari della Gdf al lavoro (foto archivio U24)

di Enzo Beretta 

Spuntano le ‘mazzette’, come quella bustarella da tremila euro che nell’aprile 2021 aveva portato all’arresto del funzionario della Regione Umbria Federico Bazzurro e dell’imprenditrice Marianna Marinelli, ma nell’inchiesta sulla corruzione portata avanti dalla Procura di Perugia, che pone al centro questo ingegnere di 67 anni originario di Genova, c’è molto di più. Intanto ci sono altre 13 persone indagate e sei società coinvolte. Poi, sfogliando le imputazioni provvisorie contestate dal pubblico ministero Mario Formisano che ha diretto le indagini di carabinieri forestali e della guardia di finanza, ecco «la promessa di ricevere la somma di 1.000 euro ogni due mesi», i soldi («21.000 euro consegnati in più soluzioni», altre «stimate in circa 46.700 euro», per fare alcuni esempi) e una serie di «utilità» che vanno dall’acquisto di pneumatici dell’auto alle riparazioni e ai controlli dal meccanico, tre lattine d’olio d’oliva per Natale e la «disponibilità di un’utenza mobile». 

Le società coinvolte Tutto, per dirla con le parole del procuratore Raffaele Cantone, per agevolare l’iter amministrativo per il rilascio di autorizzazioni ambientali a imprese operanti nel settore estrattivo delle cave. Le società coinvolte nell’inchiesta sono la Basalto La Spicca Spa (sede legale a Orvieto), Cave Fabriano e Gualdo Srl (Castelbellino, Ancona), Piselli Cave Srl (Perugia), Marinelli A. Calce-Inerti Srl (Corciano), Agabiti Fabio Snc (Monteleone di Spoleto) e Cartiere di Trevi Spa (Trevi). Vengono ritenute responsabili di illeciti amministrativi dai loro rappresentanti, entrati in contatto con Bazzurro «nell’interesse e a vantaggio della società». 

Corruzione Il dipendente regionale, funzionario del Servizio sostenibilità ambientali, valutazione e autorizzazioni ambientali dell’Ente, viene accusato a vario titolo dei reati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio e corruzione per l’esercizio della funzione. A più riprese, tra il 2013 e il 2021 – si legge nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari – accettava soldi per adoperarsi in omissioni e favorire l’approvazione di certe istruttorie. Ma riceveva anche «utilità per l’esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri», comunicando quando ce n’era bisogno «gli atti interni del procedimento» e «indicando le eventuali integrazioni che venivano richieste in modo da accelerare la definizione» e «fare in modo che si concludessero in tempi celeri e favorevolmente per le società richiedenti». Sono emersi casi in cui «contribuiva alla redazione degli atti progettuali» e altri ancora in cui ha «sollecitato la predisposizione di progetti falsi, in merito alla presenza di una pista di servizio (cd. ‘Strada di arrocco’) da indicare come già esistente e, quindi, da ripristinare; concordava che nelle istanze non venisse indicato che le acque reflue terminavano in un laghetto all’interno dell’area di cava».

La società della moglie Un ruolo determinante nell’indagine viene riconosciuto alla società Syntexis Srl amministrata dalla moglie, anche lei indagata ma, secondo la Procura, nei fatti gestita da Bazzurro «ideatore dell’attività delittuosa». Il meccanismo – nel caso in cui venisse riscontrata la veridicità delle accuse – non è neanche troppo raffinato: fatture di prestazioni fittizie emesse dalla Syntexis (soggetto terzo «riconducibile» a Bazzurro), che così incassava. La società opera principalmente nei settori della geologia, dell’idrogeologia, della geotecnica e della progettazione ambientale – si legge nel sito internet – oltre che della caratterizzazione e della bonifica di aree contaminate. Ebbene, agli atti del fascicolo vengono allegate decine di fatture «per operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti» emesse dal 2013 al 2021 con le diciture relative a forniture di documenti, acquisizioni cartografiche, georeferenziazione e redazione di cartografie, analisi di documenti tecnici, schemi, grafici, disegni e planimetrie.

La fattura all’Università telematica  Qualche numero: 25.300 euro in totale per sei operazioni finanziarie datate 2013, 25.250 per il 2014, 13.100 nel 2015, 16.200 nel 2016, 38.100 nel 2017 (salta all’occhio quella da 23.100 euro emessa all’Università Telematica Guglielmo Marconi di Roma nel cui oggetto si legge ‘Collaborazione all’attività di studi, indagini, analisi e ricerche ai fini della redazione del Piano di azione ambientale per lo sviluppo sostenibile della Provincia di Terni), 11.200 euro per quanto riguarda l’anno 2018, 11.350 euro per il 2019 e 3.775 per il 2020. Totale: 144.275 euro. Per chi indaga tutte queste fatture «si riferiscono a prestazioni mai eseguite, per le quali non venivano reperiti gli elaborati tecnici e cartografici», In più «con l’emissione di tali documenti si agevolava la commissione del delitto di corruzione, fornendo una giustificazione alla dazione delle somme e rendendo deducibile un costo illecito». 

Le dichiarazioni dell’avvocato Nicola Di Mario «Rispetto alle contestazioni elevate dalla Procura della Repubblica di Perugia con l’avviso di conclusione delle indagini a carico del Dottor Federico Bazzurro – spiega l’avvocato Nicola Di Mario in una breve dichiarazione – il mio cliente rivendica la completa estraneità ai fatti di corruzione oggetto di addebito. Non vi è stato alcun asservimento e/o mercimonio della funzione pubblica a vantaggio di interessi privati, poiché il dottor Bazzurro ha esercitato le sue funzioni pubbliche in modo trasparente, imparziale e rispettoso dei valori che presiedono alla azione amministrativa. Lo svolgimento di eventuali prestazioni di opera professionale rese al di fuori dell’orario di lavoro non risultano aver ritardato e/o interferito con il regolare compimento delle attività d’Ufficio».