Ovidio Stamulis

di Enzo Beretta

Il gip del tribunale di Terni ha accolto la richiesta di archiviazione del fascicolo aperto nei confronti del comandante della stazione carabinieri di Piegaro, Massimiliano Parodi, indagato per rifiuto ed omissione di atti d’ufficio in seguito all’uccisione del minore Ovidio Stamulis avvenuta il 5 ottobre 2012. Per l’omicidio di Pietrafitta il patrigno di Ovidio, Pietro Cesarini, anche in appello è stato condannato a trent’anni di reclusione. Secondo il magistrato inquirente «la condotta di Parodi è stata perfettamente aderente ai suoi doveri istituzionali e nessun rimprovero può essere mosso allo stesso né ai servizi sociali per quanto occorso ad Ovidio». Considerazioni, queste, condivise dal giudice Margherita Amodeo che in seguito all’opposizione della Interpas Pro Loco avanzata dall’avvocato Francesco Crisi aveva disposto un supplemento di indagine.

LA STORIA DI OVIDIU STAMULIS

Gli interventi del maresciallo e la lettera morta ai Pm In seguito ad alcune liti in famiglia avvenute tra Cesarini e la madre della vittima, Florentina Stamulis, Parodi era intervenuto per «ristabilire l’armonia familiare in assenza del riscontro di reati perseguibili d’ufficio». Ci fu perfino «una comunicazione alla Procura della Repubblica di Orvieto» rimasta lettera morta in quanto «non è seguito atto di delega da parte dell’autorità giudiziaria». Il militare – è spiegato nel provvedimento di quattro pagine – «ha dichiarato di aver sempre monitorato la situazione del nucleo familiare con controlli frequenti, cercando di indurre Cesarini alla moderazione e dialogando con Ovidio che non aveva mai riferito condotte del patrigno particolarmente gravi».

GIOVEDÌ AL CAPITINI LETTURE IN SUO ONORE

Il drammatico rientro a casa Prosegue il gip: «Quanto al giorno dell’omicidio Parodi era a conoscenza dell’udienza del 5 ottobre al tribunale per i minori, essendone stato avvisato informalmente da un’assistente sociale, ed aveva comunque predisposto un servizio per poter intervenire se vi fossero state resistenze di Cesarini o della moglie a recarsi in udienza. E’ chiaro che Parodi non sapeva del ritorno del minore nella stessa casa di Cesarini (dove è accaduto il tragico evento) immediatamente dopo l’udienza e prima di essere accompagnato nella struttura. Né, ancor più, tale decisione non è stata presa né è dipesa dallo stesso».

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