di Chia.Fa.

«Al giudice di pace di Narni Gloria Martini non doveva essere revocato l’incarico perché non è stata accertata nessuna violazione dei doveri propri del magistrato onorario». Con questa motivazione il Consiglio di Stato ha annullato nei giorni scorsi la sentenza emessa dal Tar del Lazio che nel 2013 aveva confermato la regolarità del pesante provvedimento assunto dal Consiglio superiore della magistratura (Csm) a carico della Martini accusata senza alcuna prova di aver favorito un avvocato in due procedimenti civili relativi al recupero crediti maturati dal professionista nel distretto di Roma.

Giudice di pace rimosso ingiustamente dall’incarico La vicenda disciplinare e giudiziaria ha preso il via nel 2012 a seguito della segnalazione dell’avvocato Fabio Marini, difensore del Comune di Narni, ma è stata smontata dalla Quarta sezione del Consiglio di Stato che ha accolto il ricorso dell’ex giudice di pace, riconoscendone le ragioni e annullando tutti i provvedimenti a suo carico «perché – si legge in sentenza – l’esistenza di un presunto accordo avrebbe dovuto essere verificata mediante uno scrupoloso accertamento dei rapporti intercorrenti tra le due parti, nonché dei termini del reciproco scambio di favori denunciato. Invece – proseguono i giudici – il consiglio giudiziario presso la Corte di Appello di Perugia e il Csm non hanno rinvenuto alcuna prova diretta, ravvisando al più errori di interpretazione della legge in relazione alla competenza territoriale».

La sentenza del Consiglio di Stato Rilievi che «non hanno di per sé alcuna rilevanza disciplinare come noto per consolidata giurisprudenza in base alla quale l’errore tecnico giuridico del magistrato, all’infuori dei casi di abnormità del provvedimento assunto, non è sanzionabili». Ergo: «Come rileva la Martini – è la conclusione del Consiglio di Stato – i provvedimenti impugnati in primo grado risultano chiaramente illegittimi per insussistenza o comunque per assoluta mancanza di prova in ordine all’esistenza del presupposto oggettivo della sanzione, ossia del fatto di rilevanza disciplinare descritto nell’incolpazione».

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