di Barbara Maccari
Una notte, quella del 29 dicembre scorso, che in molti non si scorderanno facilmente. Come un fulmine a ciel sereno la notizia del crollo di parte della diga di Montedoglio era entrata nelle case dei cittadini tifernati. Un tam tam di telefonate, messaggi, passa parola che nel cuore della notte si erano diffusi a macchia d’olio creando il panico. Gente scesa per strada per cercare di capire cosa stesse succedendo, per capire la gravità della situazione. Poi l’ordine di evacuare in alcune zone, come la frazione di Piosina, perché c’era il serio rischio di allagamento.
Dopo un anno A quasi un anno di distanza la notizia giunta dai pm di Arezzo che il crollo si sarebbe verificato per «a causa del materiale scadente», fa salire ancora di più la rabbia e la preoccupazione, anche se dall’altra parte si tira un forte sospiro di sollievo. Si perché nella disgrazia è andata bene, se anziché staccarsi un solo pezzo di diga come accaduto, fosse venuto giù altro, allora la situazione sarebbe stata davvero tragica perché la forza dell’acqua avrebbe potuto spazzare via tutto.
La testimonianza Quella notte di dicembre c’ero anche io a Piosina quando alle 23 aveva cominciato a squillare il cellulare all’impazzata. Dall’altra parte della cornetta amici e conoscenti che gridavano: «Esci immediatamente di casa perché è crollata la diga di Montedoglio e l’acqua sta arrivando». La prima reazione chiusa la conversazione era stata: «Non è possibile, sarà uno scherzo di cattivo gusto, io dal letto non mi alzo, ho pure la febbre …». Ma nei minuti successivi il citofono di casa aveva cominciato a suonare all’impazzata. Tutto il vicinato era riverso per strada. Gente che, in pigiama, si affrettava a mettere in moto la macchina, caricare gatti, cani, gioielli ed altri preziosi e scappare via, lontano dal fiume. Il primo pensiero era stato quello di chiamare le forze dell’ordine per capire la reale entità della cosa. La risposta era stata secca e drammatica: «Signora fra mezzora arriva l’acqua per cui evacuate». E allora via, «strati di vestiti sopra il pigiama, cellulare, borsa, cane e quello che si poteva prendere da casa. Destinazione Cerbara, dove era stato allestito il centro per l’emergenza. Non c’è che dire, tutta la macchina era perfettamente oliata, tanti volontari ad accogliere anziani e bambini, a dare conforto. Poi col passare delle ore la situazione era andata stabilizzandosi e prima dell’alba c’era stata data l’autorizzazione a rientrare presso le nostre abitazioni. Ma i danni più eloquenti si verificarono la mattina dopo, quando l’acqua era arrivata in grande quantità e aveva bloccato le strade di accesso e di uscita della frazione. Campi allagati, strade sparite, ponti chiusi e accessi limitati». Col passare delle ore e dei giorni la situazione è tornata poi alla normalità, ma la paura e lo spavento sono rimasti negli occhi di tutti.
La paura Come racconta anche Bruno Allegria, presidente della Pro Loco di Piosina (GUARDA LE FOTO): «Quella notte la paura era tanta, appena capito il pericolo siamo corsi ad avvertire tutta la gente, specie gli abitanti residenti vicino al fiume. C’è stata una splendida collaborazione anche con tutte le forze dell’ordine che ci hanno assistito e confortato. Ora, a distanza di un anno, rivogliamo la nostra diga. Leggere questa cose sul crollo di uno dei conci non è affatto bello. Per noi quest’opera è di vitale importanza, per cui chiediamo la massima attenzione a chi di dovere e soprattutto la messa in sicurezza. Speriamo di tornare al più presto ad usufruire dell’acqua di Montedoglio».
La rabbia Critico anche un altro abitante, Luigi Perugini:«Qualcuno ha scherzato con l’acqua anziché col fuoco, a discapito della nostra sicurezza. Passata la prima fase di pericolo ancora stiamo contando i danni provocati. Il percorso verde del Tevere in alcuni tratti è stato pressoché eroso, ma la cosa più grave è la presenza di interi alberi ed altri detriti lungo il fiume. Non oso pensare a cosa accadrebbe in caso di forti piogge. Gi alberi farebbero da tappo e il fiume rischierebbe il collasso. Per noi il Tevere è vita, siamo cresciuti con lui, oramai è un abitante aggiunto. Stessa cosa per la diga, l’abbiamo vista nascere ed evolversi e quando succedono queste cose ci arrabbiamo molto».
La speranza e i tempi lunghi Indubbiamente la diga di Montedoglio ha portato enormi benefici, come sottolinea Lorenzo Guazzolini:«Questa struttura per noi è di estrema importanza. Quest’estate non abbiamo avuto grossi problemi con l’acqua ma certo immaginare anche l’estate 2012 in questa situazione non è per niente confortante. Speriamo che la diga venga messa in sicurezza, che vengano fatti tutti i controlli del caso per ripartire». Sulla stessa linea anche Mario Biadetti: «Non si può rischiare così con la sicurezza delle persone. La potenza dell’acqua è devastante e se anziché venir giù un solo pezzo ne cadono altri non so come sarebbe andata a finire quella serata».
La preoccupazione del sindaco Preoccupazione ed allerta è stata espressa anche dal sindaco tifernate, Luciano Bacchetta:«Se le conclusioni della perizia disposta dai pubblici ministeri di Arezzo fossero confermate la situazione sarebbe davvero preoccupante. Occorrerà sicuramente una profonda riflessione da parte di tutti i soggetti coinvolti, ma soprattutto una verifica sull’intera struttura. L’ente irriguo umbro-toscano è sicuramente una buona garanzia di partenza, ma il dibattito e la discussione andrà esteso a tutti. I rischi che abbiamo corso sono stati davvero alti, nel male è andata bene che il crollo sia rimasto limitato, ma il fatto rimane comunque di estrema gravità se confermato».