Guardia di Finanza in azione (foto Fabrizi)

di Chiara Fabrizi

Evasione fiscale da 1,2 miliardi di euro e fatture false per 2,4 miliardi. E’ una maxi frode dai contorni clamorosi quella che si sarebbe consumata tra il 2007 e il 2013 ai danni dello Stato attraverso le società del gruppo Casti di Varese finito nel 2014 nel mirino della procura di Spoleto e poi di quella lombarda che ha ereditato per competenza territoriale l’inchiesta nata intorno all’Industria metallurgica e Isotta Fraschini. L’avviso di conclusione indagine è stato notificato a dodici persone, tra cui Gianfranco Castiglioni, già arrestato due anni fa, e considerato dalla Guardia di Finanza «il dominus dell’associazione a delinquere» finalizzata a molteplici reati tra cui la bancarotta fraudolenta, ma anche l’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Proprio queste hanno portato alla svolta nelle indagini intorno al multiforme e complesso sistema di frode.

La maxi frode del Gruppo Casti Le fiamme gialle hanno infatti compiuto un blitz nel Centro informatico del Gruppo a Dongo (Como) scoprendo all’interno di uno dei server utilizzato il software Golden lake, che ha poi dato il nome all’operazione. Il sistema informativo era infatti servito all’emissione delle fatture per le operazioni inesistenti e a due anni dagli arresti ancora conteneva la copia informatica delle oltre 10 mila fatture false emesse tra il 2007 e il 2013. Ma il lavoro degli inquirenti non è stato semplice. Gli stessi finanzieri hanno infatti spiegato che le indagini sono state fortemente ostacolate dalla mancanza di documentazione amministrativa e contabile obbligatoria, che secondo quanto riferito dagli indagati sarebbe andata distrutta nel crollo del tetto in amianto di un capannone industriale. Le carte come i detriti sarebbero poi stati successivamente smaltiti come rifiuto speciale. L’inchiesta è quindi incardinata sulle 10 mila fatture false già vagliate dagli inquirenti che le considerano «inequivocabili elementi di accusa» a carico dei nove legali rappresentati della ventina di società del Gruppo coinvolte (oltre alle due spoletine, se ne contano altre in provincia di Varese, Milano, Como, Padova, Piacenza e Cuneo) e dei tre componenti del collegio sindacale.

I numeri dell’inchiesta clamorosa La presunta frode clamorosa ai danni dello Stato, secondo quanto ricostruito dalle fiamme gialle e dalla procura, si è consumata con fatturazione infragruppo per operazioni inesistenti  del valore complessivo di 2,4 miliardi con le quali la holding Casti ha percepito indebiti rimborsi Iva per 300 milioni di euro e indebite compensazioni di imposta per altri 60 milioni di euro. Numerosi e dettagliati report riportanti conteggi sulle fatturazioni sono stati sequestrati nell’abitazione di una delle segretaria di Castiglioni. L’analisi della documentazione, sostengono gli inquirenti, ha rivelato come prospetti indicanti proprio le false fatturazioni emesse dalla società del Gruppo. Mastodontico il lavoro d’indagine che si è tradotto in 141 capi di imputazione contestati a vario titolo ai dodici. Nell’ambito delle indagine la Guardia di finanza ha naturalmente passato al setaccio fiscale tutta la documentazione prodotta tra il 2007 e il 2013 dalla holding lombarda scoprendo un’evasione di 1,2 miliardi di euro di cui 700 milioni per l’Iva e mezzo miliardo per l’Ires, cifre ben distanti dai 30 milioni di beni sequestrati.

@chilodice

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