di Francesca Marruco
«Sonia prese il telefono e letto il messaggio, mi disse a mezza voce “guarda un po’”: io ricordo bene che lei coprì il mittente con il pollice. Il messaggio diceva tipo “bevi, bevi molto”. Io le ho detto, “ma è lui il padre”? Lei mi disse di si». A ricostruire questo passaggio, che nel processo a carico di Umberto Bindella, potrebbe diventare di fondamentale importanza, è stata lunedì mattina in aula a Perugia, suor Roberta Vinerba, che prima della scomparsa di Sonia Marra era una sua confidente.
Bindella disse di aver mandato quel messaggio Ciò che suor Vinerba non ha potuto dire è che l’imputato, che ha sempre negato di avere avuto una relazione con Sonia, e ha sempre detto di non essere andato oltre qualche approccio intimo, ha spiegato dall’inizio delle indagini di essere stato proprio lui a mandarle quel messaggio dicendole di bere perché altrimenti non avrebbe potuto fare bene il test di gravidanza. Un test che i due avevano già provato a fare insieme, ma che, sempre stando a quanto riferito da Umberto, non era andato a buon fine proprio perché Sonia non era riuscita ad urinare. Umberto Bindella ha sempre sostenuto di aver voluto aiutare Sonia per la questione del test della gravidanza pur non essendo lui il presunto padre.
Tante cose in 15 giorni Suor Vinerba dunque non ha fatto direttamente il nome di Umberto Bindella in aula, ma oltre all’episodio del messaggio di testo, ha riferito che Sonia le aveva detto di aspettare forse un bambino da uno studente della scuola di teologia di Montemorcino. Dove Sonia lavorava come segretaria una volta a settimana e la suora era una delle responsabili. E proprio lì la vide per l’ultima volta il 14 novembre del 2006, due giorni prima della scomparsa. L’accompagnò, ha riferito in aula, per un pezzo di strada in macchina, e in quel momento, Sonia le disse: «Mi sono successe più cose in questi ultimi quindici giorni che in tutto il resto della mia vita».
Sonia affranta dai sensi di colpa La stessa frase, stando a quanto riferito la volta scorsa da un’altra testimone, Sonia l’avrebbe detta anche a Cristina Urbani, la donna che le aveva affittato un appartamento a Perugia. A questo proposito comunque la suora ha detto «Sonia mi disse questa frase come una persona affranta dai sensi di colpa, come se avesse un peso addosso. Io le dissi di non preoccuparsi e cercai di darle speranza. In particolare – ha specificato suor Vinerba -. Fece riferimento a Michele, a quanto aveva fatto con lui e quanto aveva fatto di nuovo nell’ultimo periodo. Nell’ambito affettivo e sessuale. Era una persona stupita di sé, io le dissi che nella vita si riparte sempre, ma lei era appesantita». Chissà se era solo il pensiero della presunta gravidanza a preoccupare Sonia o se c’era invece c’era anche dell’altro.
Il timore della gravidanza «Mi aveva detto di avere paura di essere incinta – ha detto la suora in aula – ma non mi aveva detto il nome del presunto padre. Mi disse che aveva un ritardo di circa due settimane. Ma Sonia non usò il termine relazione parlando del suo rapporto con questo ragazzo. Mi disse solo che aveva avuto un rapporto completo, che questa persona si era offerta di aiutarla e che entrambi erano contrari all’aborto. Mi disse che avrebbe fatto il test la mattina dopo con il presunto padre perché lui non si fidava di lei».
Il dispiacere nel non esserlo «Noi – ha aggiunto la suora – chiedevamo a Sonia se era innamorata. Ma Sonia era sfuggente, affermava una cosa ma poi la negava. Le facevamo domande per farla parlare. Era riservatissima. Questo accadde il 14 novembre. Il 15 mattina invece mi mandò un messaggino in cui mi diceva che non era incinta. Io le dissi che ero sollevata, lei invece mi disse che quasi era dispiaciuta di non aspettare un bambino». Quello fu il loro ultimo contatto.