Marini mentre esce da Palazzo Donini con il suo avvocato (foto ©️F.Troccoli)

di Enzo Beretta 

«Sono stata quattro anni sui titoli dei giornali e sui tg, si è parlato più di me che di Matteo Messina Denaro…»: così l’ex governatrice Catiuscia Marini, imputata nel processo Sanitopoli durante l’interrogatorio dei pubblici ministeri davanti al tribunale di Perugia. Il confronto, che riprenderà nei prossimi giorni con le domande della difesa, è durato un paio d’ore durante le quali la presidente dimissionaria sotto i colpi dell’inchiesta sui concorsi in sanità ha rivendicato la correttezza del proprio operato. Durante la deposizione Marini ha detto di non aver «mai consegnato buste a Marisa Ricotta» contenenti anticipazioni sui test, neppure all’ex direttore generale dell’ospedale Emilio Duca. E neanche a Sonia Monaldi o al suo ex consigliere politico Valentino Valentini («Motivi di astio con lui? Eh, bella domanda…»).

«Solo fogli da firmare» Marini ha specificato che le vennero chieste informazioni a proposito dei requisiti di una selezione pubblica e con Marisa Ricotta avvenne uno scambio di documenti esclusivamente legati alla sua personale questione legata all’aspettativa in Legacoop, insomma fogli da firmare tra lei e il Consiglio regionale, poco di più: solo un breve accenno alla nuora di un dirigente di Legacoop inserita nelle liste dei disabili, quell’Anna Cataldi che «non conoscevo» e «neanche ricordavo quando ho letto il suoo nome nei capi di imputazione».  

«Mai chiesto niente a nessuno» «Conosco i poteri e i limiti del ruolo istituzionale che rappresentavo – sono state le sue parole -. Se fosse stato qualcosa di mio interesse avrei chiamato Duca, Valentini, Anna Cataldi, invece niente di tutto questo. Non ho mai dato né chiesto argomenti, lo ha detto pure Duca. Ho governato la Regione Umbria per nove anni, durante il mio mandato è stato bandito il concorso più importante degli ultimi 15 anni, sono arrivate 32 mila domande e non ho mai chiesto niente a nessuno». Durante il confronto il pm le ha parlato delle conversazioni intercettate attraverso il trojan inoculato nello smartphone di Duca, e lei ha spiegato: «Al di là del fatto che non so neanche se è possibile ricostruire una conversazione con tante persone a cinque anni di distanza posso dire che il trojan ha registrato varie captazioni che non sono dirette ed esclusive tra me e Duca ma sono talvolta parallele mentre io parlavo al telefono con un’altra persona». A proposito di un incontro avvenuto nel maggio 2018 chiarisce: «La conversazione è durata mezz’ora circa, per 25 minuti che parliamo da soli delle questioni di Umbria Salute e per un paio di minuti di tutto il resto del mondo. E poi, aiutatemi a capire, di quale attività criminale avrei potuto parlare davanti a nove persone? L’ho spiegato due milioni di volte…». 

«Capitano della nave» Marini, amministratrice «di lunga esperienza» (così si è definita) che «sa come si può strumentalizzare il ruolo del presidente» ha riferito che, essenzialmente, esistono due modi di governare una Regione: «Il presidente può guardare la nave dalla banchina del porto oppure può guidarla. Io ho scelto la seconda modalità. Certo, il presidente a bordo della nave si interessa di capire quali scelte vengono compiute. Come quella volta che venne scelto un medico proveniente da un ospedale di seconda fascia per il pronto soccorso dell’Azienda ospedaliera che è il cuore dell’emergenza del sistema sanità. Se va in tilt quel reparto salta tutto il sistema. Non ero indifferente, è naturale che intendessi sapere chi fosse. Feci una battuta al direttore, io facevo spesso le battute, anche per vedere le reazioni, nonostante in quella circostanza neppure ricordo la risposta di Duca. Il mio obiettivo era quello di non perdere i migliori professionisti». In chiusura d’udienza, provocatoriamente, ha chiesto ai pm: «Volete l’elenco dei primari che chiedevano appuntamento e poi mi venivano a parlare dei figli e delle mogli? Se dovessi fare l’elenco dei primari che venivano a chiedere le cose…».

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