di Enzo Beretta

«La prostituzione cinese è un fenomeno parzialmente differente rispetto a quella posta in essere da altre etnie – scrive il giudice Natalia Giubilei che all’esito di un’inchiesta della Procura di Perugia ha spedito in carcere undici persone mettendone altre quattro agli arresti domiciliari -: nello sfruttamento della prostituzione gestita ad esempio da albanesi, romeni o nigeriani, spesso l’attività viene imposta alle donne con violenza, oppure attirandole in Italia con l’inganno, e l’illusione di un lavoro lecito. Nel caso invece della prostituzione cinese, per lo meno per quello che riguarda i centri individuati in questa indagine, le donne decidono liberamente di svolgere tale attività al fine di guadagnare denaro. Nel caso concreto è possibile indicare la sussistenza del vincolo associativo fra gli indagati; le indagini, infatti, hanno permesso di monitorare il costante sfruttamento della prostituzione di connazionali, che si ripete secondo schemi ben precisi e che va avanti da anni, all’interno di apparenti centri benessere appositamente aperti e predisposti, o di appartamenti, che diventano vere case di appuntamento, secondo una organizzazione criminale ben strutturata ed organizzata.

Sesso non in strada ma in centri o in appartamenti «Il lavoro viene pubblicizzato in annunci on line ed i responsabili, contattati direttamente, informano fin dall’inizio quale sia il genere di lavoro che sono chiamate a fare; la prostituzione avviene poi non su strada, ma in centri o in appartamenti, comunque in luoghi chiusi e per certi versi protetti, che danno quindi alle donne maggiore sicurezza e una certa libertà, sebbene i responsabili si raccomandino di non uscire troppo, e provvedano a rifornirle di ciò di cui hanno bisogno; gli incassi, infine, sono divisi fra la prostituta e i titolari del centro in misura prevalentemente paritaria».

L’INCHIESTA DELLA PROCURA DI PERUGIA: GLI ARRESTI

Le prostitute-sex worker Prosegue il giudice: «La prostituzione cinese è un fenomeno che si struttura su diversi livelli ognuno dei quali è affidato ad una persona che copre uno specifico ruolo; vi è il datore/datrice, ossia colui che si occupa di aprire il centro, di mettere gli annunci per cercare i clienti, per reperire le donne da far lavorare e i prestanomi a cui intestare il centro e che, poi, alla fine, incamera i guadagni. Poi c’è il/la centralinista, che spesso coincide con il datore di lavoro, oppure, nel caso in cui non sia così, ha il ruolo di responsabile del singolo centro, che si occupa dei contatti con i clienti e li indirizza nei vari luoghi. Vi sono poi le donne all’interno del centro, solitamente una responsabile, che, a seconda dei casi, riceve le chiamate dei clienti, oppure riceve le chiamate dal datore che l’avverte dell’arrivo del cliente e che prende il denaro da quest’ultimo. Infine vi sono le prostitute-sex worker, che non gestiscono il rapporto con i clienti, ma si limitano ad offrire la prestazione sessuale a pagamento».

I CENTRI MESSAGGI MESSI SOTTO SEQUESTRO IN UMBRIA

Associazione per delinquere Stando a quanto si legge nell’ordinanza «è possibile indicare la sussistenza del vincolo associativo fra gli indagati (sono cinque gli associati, secondo la Procura); le indagini, infatti, hanno permesso di monitorare il costante sfruttamento della prostituzione di connazionali, che si ripete secondo schemi ben precisi e che va avanti da anni, all’interno di apparenti centri benessere appositamente aperti e predisposti, o di appartamenti, che diventano vere case di appuntamento, secondo una organizzazione criminale ben strutturata ed organizzata».