di Ivano Porfiri
Non voleva volare via dal portellone del carro su cui era stata appena caricata Elisa, la colomba bianca. Ha aspettato un po’, finché non sono saliti gli addetti delle pompe funebri. Ora che l’hanno riavuta, dopo averla perduta in quel modo, nessuno sembra voler lasciare più Elisa da sola, nemmeno un minuto. Mai più.
Un grande abbraccio Erano centinaia i tifernati (non c’erano Vanessa né il fidanzato Alex) che oggi si sono stretti intorno al dolore di papà Osvaldo e del fratello Andrea, 14 anni e il coraggio di un uomo. Un dolore lancinante, ma composto, dignitoso. Una seconda stilettata al cuore dopo la perdita della mamma Fabrizia, portata via da una malattia appena due mesi fa. Un secondo dolore più crudo per il modo in cui l’abbraccio freddo della morte ha chiuso gli occhi ad Elisa. Da sola nel buio del bosco. Mentre urlava la sua disperazione.
L’ha ascoltata Gesù «Il grido di aiuto che gli uomini non hanno potuto o saputo raccogliere, Gesù l’ha ascoltato», ha cercato di consolare parenti e amici monsignor Domenico Cancian, vescovo di Città di Castello. Poi si è commosso. «In quella terribile solitudine, in quel freddo gelido – ha detto il vescovo – il Signore l’avrà riscaldata con il suo amore e l’avrà illuminata per trovare la strada verso la sua casa». Cancian ha raccolto in sé da buon pastore «il dolore di tutta Città di Castello, soprattutto di Osvaldo e Andrea», ai quali ha offerto sostegno anche nell’altra loro battaglia. «Ha ragione il babbo – ha aggiunto il vescovo – a volere la verità dei fatti, la giustizia sulle responsabilità, accertate nelle sedi apposite. Aggiungo che la verità va detta sempre col tono giusto, con discrezione, con amore, e, Dio voglia, con la capacità di perdonarci come fa il Signore con tutti noi».
Offensivo lo spettacolo del dolore E il vescovo ha invitato «ad un grande rispetto. Il rispetto che tutti dobbiamo alla dignità di Elisa, della sua famiglia, e dei suoi cari in questo momento di infinito dolore. È gravemente offensivo – ha tuonato – far spettacolo sulla tragedia altrui. Le persone non devono mai diventare “un caso di pubblico dominio” in cui ci permettiamo di dire cose che non ci competono o, peggio, non vere o non appurate».
Ognuno si prenda le sue responsabilità Non ha pronunciato la parola droga, ma ha invitato ognuno a prendersi le proprie responsabilità. «Gesù afferma in modo netto che nessuno deve permettersi di giudicare la coscienza altrui. Allo stesso tempo chiama tutti a verificare le proprie responsabilità e a convertirsi. In effetti, tragedie come queste interpellano tutti, tutti siamo coinvolti nell’evidente emergenza educativa. Siamo corresponsabili del bene e del male. Chi di noi non si sente chiamato in causa? Non potevamo forse capire, amare, sostenere, aiutare di più Elisa? Noi grandi e voi giovani. Le relazioni vere, le amicizie che contano sono decisive nei momenti difficili della vita. Al contrario, possiamo in maniera cinica, o quanto meno superficiale, dare l’ultima spinta che porta inesorabilmente al baratro. Tutti quanti possiamo fare molto di più e molto meglio – ha concluso -, specialmente nei confronti dei giovani e degli uomini che vivono momenti di fragilità».
Le lacrime di Alice E un mea culpa è stato pronunciato dalla sua amica del cuore Alice, che ha letto ad Elisa una lettera al termine della cerimonia funebre. «Sento dentro di me sentimenti contrastanti – ha detto – sono arrabbiata con me stessa per non esserti stata più vicina. Sono arrabbiata per le cose assurde che si sentono dire su di te e solo chi non ti conosce bene come me può pensare. Io so che eri dolce, onesta con quel sorriso che ultimamente celava tristezza. La tristezza che ora sento io. Mi resta solo la speranza di poterti sognare, dopo questa assurda e triste storia. Ti voglio bene».
Il coraggio di un giovane uomo Alle lacrime di Alice, è seguito il coraggio di Andrea. Come un uomo, nei panni stretti dei suoi 14 anni, senza più mamma né sorella maggiore (che era tornata a vivere con lui e papà dopo la morte di Fabrizia). E’ stato uno degli ultimi ad ascoltare la voce di Elisa per telefono, quella sera maledetta. L’ha chiamata a mezzanotte e un quarto, appena prima che si inoltrasse in quel sentiero senza uscita. «Ciao Eli, tu che davi forza a chi ti stava accanto – ha letto tra i singhiozzi nelle lettere scritte da colleghi e amici della sorellona – portavi il sorriso a chi ti voleva bene. Non ti dimenticheremo, rimarrai sempre nei nostri cuori».
Don Bruno e la forza di una comunità E, ancora, le parole di affetto di Don Bruno, parroco per 63 anni nella parrocchia di San Pio, testimone di quella famiglia «dal forte senso religioso, quella famiglia di brava gente». E poi gli amici di Andrea, a dirgli che la famiglia non è più piccola, ma anzi è più grande e più forte. E’ la comunità che giura che non farà mancare l’affetto a quei due uomini rimasti soli nella grande casa di campagna.
Addio tra le note Elisa se ne è andata in mezzo alla musica, quella che ascoltava nella sua camera: Jovanotti, Gianna Nannini. Eros Ramazzotti. Eros sembra che Sta passando novembre, lasciata risuonare durante la messa nella chiesa moderna di San Pio, l’abbia scritta proprio per quella ragazza rimasta sola una sera, in un bosco, in un incubo. Un incubo che l’amore dei suoi cari prova a cancellare immaginando Elisa, come ha scritto un amico di Andrea, «mentre sorride felice nelle braccia della mamma».
E’ per te, forse non sarà molto, la tua storia, lo so, meritava più ascolto e magari, chissà, se io avessi saputo, t’avrei dato un aiuto.
Ma che importa oramai, ora che…
Puoi prendere per la coda una cometa e girando per l’universo te ne vai, puoi raggiungere, forse adesso, la tua meta, quel mondo diverso che non trovavi mai. Solo che non doveva andar così, solo che tutti ora siamo un po’ più soli qui.
E’ per te questo fiore che ho scelto, te lo lascerò lì sotto un cielo coperto. Mentre guardo lassù, sta passando novembre e tu hai vent’anni per sempre.
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