di Enzo Beretta

«Un incidente può accadere, certo che può accadere, ma il comportamento che ha tenuto Piero Fabbri dopo l’omicidio non si può perdonare. Da quando è morto Davide è venuto tutti i giorni a casa mia a raccontarmi le stesse storie, ossia che aveva sentito un colpo da lontano e che c’era Davide a terra che chiedeva aiuto. Ha provato in tutti i modi a salvare se stesso, non ci sono altre spiegazioni, ma io non cerco vendette». La donna che parla è Catia Roscini, la mamma di Davide Piampiano ucciso l’11 gennaio durante una battuta di caccia al cinghiale alle pendici del Monte Subasio. Per l’omicidio di Davide si trova in carcere con l’accusa di omicidio volontario con dolo eventuale Il Biondo, Piero Fabbri, 56 anni, professione muratore, ritenuto responsabile dai pm di Perugia di aver depistato le indagini sul delitto di Assisi.

Come nasce il rapporto tra suo figlio Davide e Piero Fabbri?
«Era una frequentazione solo legata alla caccia, Fabbri non ha figli ma diceva sempre che se avesse avuto un figlio lo avrebbe voluto come Davide. Il dolore che provo in questo momento è immenso ma al di là del dolore c’è una profonda delusione nei confronti di Piero, il quale credevo fosse un vero amico di mio figlio. Pensi, lo chiamava papà…».

Davide, 24 anni e un futuro tutto ancora da scrivere.
«Era un ragazzo di un’intelligenza molto vivace. Era brillante, non lo dico perché sono la mamma. Si era laureato da poco e viveva ancora con noi genitori a casa, solo qualche tempo fa gli avevamo comprato un appezzamento di terra dove sognava di costruire la sua villetta al Fosso delle Carceri, poco lontano rispetto al luogo in cui è avvenuto il dramma. A lui piaceva la campagna, adorava la natura, amava andava a caccia per trascorrere giornate intere in mezzo alla natura. Di uccidere gli animali neanche gli interessava…».

Che idea si è fatta dell’omicidio? Il suo sesto senso di madre cosa le suggeriva?
«In tutta franchezza non ho mai pensato all’incidente autonomo, non ho mai creduto a questa tesi. Davide è morto mercoledì 11 gennaio intorno alle 17.15, noi familiari siamo stati informati quasi tre ore dopo, verso le 20. Quella sera eravamo tutti troppo choccati per pensare. La mattina dopo, però, ricostruendo i fatti attraverso i racconti delle persone ho rilevato subito evidenti incongruenze».

Anche dalle parole di Fabbri?
«Piero Fabbri è stato una grande delusione. Da quando è morto Davide è venuto tutti i giorni a casa mia a raccontarmi le sue storie».

E cosa vi diceva?
«Ripeteva che aveva sentito il colpo di fucile da lontano, e che quando si è avvicinato a Davide lo aveva trovato a terra, ferito, che gli chiedeva aiuto».

Oggi, dopo il suo arresto, che impressione le fa pensare a quelle frasi?

«Un incidente di caccia può succedere, un colpo partito per errore poteva succedere anche a Davide. Nella vita succedono tanti incidenti e non solamente a caccia. Un incidente è un incidente, lo dice la parola stessa. Quello che c’è stato dopo, però, non si può perdonare. In questo momento la delusione deriva da questo, non dall’incidente, quello che è avvenuto dopo è qualcosa che va al di là dell’incidente».

Perché, secondo lei, si è comportato così? Come si poteva pensare di mantenere nascosto un segreto così grande, con la famiglia del ragazzo che lo chiamava ‘papà’?
«La risposta è molto semplice: ha fatto del tutto per tentare di salvare se stesso, non vedo altre spiegazioni».

Assisi come ha reagito alla morte di suo figlio?
«La città di Assisi ha risposto con grande affetto e grande calore. Tutti conoscevano e apprezzavano mio figlio, anche per il suo impegno nel Calendimaggio. Da quando è avvenuto l’incidente gli amici di Davide vengono a trovarci tutte le sere. Davide lavorava nelle attività ricettive della nostra famiglia, rappresentava il futuro delle nostre attività, era un giovane di 24 anni con la testa di un uomo adulto. Qualsiasi cosa che faceva gli riusciva benissimo».

Lei è giudice onorario al tribunale civile di Spoleto, lavora nel settore Giustizia. Cosa si aspetta ora da questa Giustizia?
«Mi aspetto che la Giustizia faccia quello che deve fare, il percorso giudiziario in questo momento però è la cosa che mi interessa di meno. Volevo, questo sì, che venisse fatta chiarezza sulla morte di Davide in quanto non mi andava che mio figlio passasse come il ragazzo superficiale e imprudente che non era. Quando andava in giro con le armi era prudentissimo, aveva perfino acquistato una carabina più costosa delle altre perché munita di doppia sicura. Sono soddisfatta che sia stata fatta chiarezza sulla dinamica dell’incidente, questo sì, ciò che accadrà a Piero Fabbri sinceramente mi interessa molto poco. Una cosa però deve essere chiara: non cerco vendette».

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