Il terreno sequestrato dalla forestale

di Francesca Marruco

C’è una frase che più di ogni altra balza agli occhi nel decreto di sequestro della discarica di Pietramelina. Balza agli occhi di chi paga onestamente la tassa sui rifiuti e diligentemente separa la plastica dalla carta. Ed è quella che a metà della terza pagina, dopo una buona parte di spiegazione del perché, dice senza condizionali quello che in molti temono già dalle prime perquisizioni legate a questa inchiesta. E cioè che «la raccolta differenziata effettuata nell’Ati numero 2 – che è il 45% dei rifiuti che arrivano a Pietramelina – risulta conseguentemente falsata».

Il giorno più brutto Questo, per la procura di Perugia sarebbe accaduto perché alcuni indagati avrebbero «gestito abusivamente ingenti quantità di rifiuti smaltendo nella discarica ingenti quantità di concentrato, stimabile in 30 mila tonnellate nell’ultimo quinquennio». E’ per questo che lunedì sera gli uomini del corpo forestale dello Stato di Perugia hanno notificato un decreto di sequestro preventivo di alcune aree della discarica di Pietramelina a cinque apicali di Gesenu. Il sequestro è stato effettuato in quello che, almeno fino ad ora, è certamente il giorno più brutto di Gesenu. Quello in cui il prefetto di Perugia gli ha anche fatto notificare l’interdittiva antimafia per gli affari in Sicilia, che però rischiano di travolgere tutte le attività dell’azienda.

Indagati Sono accusati di traffico illecito di rifiuti e violazione dolosa delle disposizioni in materia ambientale – almeno per questo filone perché nei decreti di perquisizione c’erano altri 13 nomi – l’attuale ad di Gesenu Silvio Gentile, il direttore tecnico Giuseppe Sassaroli, il responsabile dell’area commerciale Evaristo Spaccio, il coordinatore dell’impianto di Pietramelina fino all’agosto del 2015 Roberto Damiano, e l’addetto all’impianto di trattamento di percolato della discarica Silvio Marano.

LE PRIME PERQUISIZIONI DELL’INDAGINE

Percolato non smaltito per risparmiare In particolare, secondo le accuse che il pm della direzione distrettuale antimafia Valentina Manuali muove ai cinque, nella discarica di Pietramelina avrebbero fatto «ricircolare» il percolato pur non avendone «l’autorizzazione» e «senza accertamenti sulla pericolosità e senza avere provveduto alla caratterizzazione analitica e al test di cessione con cadenza annuale». E, secondo l’accusa, lo avrebbero fatto per «conseguire ingiusto profitto rappresentato dal risparmio per i costi delle analisi e del successivo smaltimento».

GUARDA L’INTERVISTA A PRESIDENTE E AD DI GESENU

Pozzette putride Facendo questo, sono le accuse messe nero su bianco nel decreto di sequestro di parte della discarica, avrebbero «provocato una compromissione del terreno boschivo all’esterno della discarica di Pietramelina con conseguente disseccamento della vegetazione» e «rilevata tramite la presenza nel terreno di percolato fuoriuscito dalla discarica». Il percolato, che «contiene un elevato tenore di inquinanti organici e inorganici molto pericolosi», secondo la procura», è stato trovato «all’esterno del perimetro dell’impianto». I tecnici incaricati dalla procura hanno trovato un «affioramento da sottosuolo» e uno «sversamento da canalette di scolo delle acque meteoriche a servizio dell’impianto». Inoltre, il liquido «putrido» è stato trovato anche in due pozzette». Insomma, il percolato individuato fa «propendere per una situazione in cui l’estensione della potenziale contaminazione nel suolo, sia particolarmente significativa. Se non irreversibile».

Troppi rifiuti poco compost Ma come mai tanto percolato? Per l’accusa c’è una spiegazione anche a questo e sarebbe l’«illecita gestione» dell’impianto di compostaggio. Dal processo di compostaggio, spiegano gli esperti, dovrebbe prodursi una percentuale di compost «compresa tra il 25 e il 35-40% rispetto al peso dei rifiuti introdotti». Ma le cifre di Pietramelina, per cui il Corpo forestale dello Stato ha espresso «perplessità», sono decisamente diverse. Solo nel 2013 l’impianto risulta aver trattato 66.000 tonnellate di rifiuti, «ricollocandone in discarica oltre 37.787 tonnellate di scarti», circa il 57% dei rifiuti in ingresso, risultando quindi prodotto meno dell’8% di compost derivante dai rifiuti in ingresso. Quindi grosse quantità di rifiuti vengono smaltite e non riutilizzate per il compost.

Rifiuti che non ci potrebbero andare Questo, secondo un consulente che fece una prima perizia, potrebbe voler dire che c’è «un elaborato sistema di giro di bolla per conferire in discarica ciò che non potrebbe andarci». «O comunque – spiega il consulente – è un impianto di recupero che potrebbe nascondere un impianto di smaltimento». Le analisi evidenziano secondo gli esperti, una «ingiustificata sproporzione e permette di ipotizzare che rappresenti un articolato sistema con allestimento di mezzi e attività finalizzato a smaltire effettivamente in discarica ingenti quantitativi di rifiuti recuperabili, simulando di contro operazioni di recupero non concretamente effettuate».

L’ad di Gesenu:«Se qualcuno ha agito contro la legge va individuato»

Manufatti abusivi dopo perquisizioni Il sequestro quindi sarebbe divenuto indispensabile nell’ottica della procura, perché «non vi è dubbio che il protrarsi della disponibilità da parte di Gesenu della porzione di discarica dove si procede al ricircolo non autorizzato del percolato, può concretamente aggravare e protrarre le condotte illecite contestate». Inoltre, spiega l’accusa, il sequestro si è reso necessario perché nella discarica, dopo le prime perquisizioni, e l’individuazione del percolato, sarebbero stati realizzati «manufatti abusivi» per «riconvogliare il percolato nel sistema di raccolta autorizzato». Condotte, che per l’accusa, altro non sono che «indebite immutazione dello stato dei luoghi in corso di indagine».

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