di Francesca Marruco
In molti in queste ore si sono chiesti perché Orfeo Goracci e i suoi sono stati i destinatari di ordinanze di custodia cautelare per fatti che secondo l’accusa si sarebbero verificati negli anni scorsi, durante il secondo mandato di Goracci come primo cittadino. Lo spiegano gli stessi pubblici ministeri Antonella Duchini e Mario Formisano nella richiesta di misura al gip quando parlano di «costante attività di inquinamento probatorio» e di «comportamenti delittuosi reiterati nel corso degli anni, abituali, ancora in essere, che hanno determinato l’insorgenza di un clima di paura e sopruso che ha indotto molte delle persone offese a rimanere omertose, non denunciare i fatti e subire le ritorsioni dell’associazione indagata».
Fotografati dai carabinieri mentre portano via i faldoni dal Comune E allora mentre Goracci e Cappannelli, entrambi in carcere, si difendono dicendo di aver operato in maniera limpida, le carte dell’accusa con i verbali di denuncia e quelli delle persone sentite parlano di una storia totalmente diversa: «E’ stata documentata – scrivono a titolo esemplificativo i pubblici ministeri – la sottrazione dal comune di Gubbio di tre faldoni di documenti che sono stati recapitati a casa della Ercoli e una busta a casa di Goracci e ciò in assenza di qualsivoglia richiesta di accesso agli atti». Il tutto, precisano, dimostrabile con delle foto che i militari del Ros hanno scattato mentre li pedinavano.
I concorsi e le stabilizzazioni Ma cosa c’è nelle carte del Comune da far sparire? Delibere, atti ricollegabili a quelle decisioni che, secondo l’accusa e secondo alcuni dipendenti del Comune, sono state prese nell’interesse personale di qualcuno, pur sapendole sbagliate. Una storia per tutte è quella della sorella dell’ex vicesindaco Maria Cristina Ercoli, quella Nadia Ercoli, per il cui posto come dirigente Goracci avrebbe fatto molte pressioni a chi poi decise di denunciare tutto alla magistratura: la dottoressa Nadia Minelli. Ma molte altre si annidano nei rivoli dell’indagine ribattezzata Trust. Altre storie di donne «sentimentalmente legate a Goracci» che in virtù di quel legame hanno ricevuto una stabilizzazione lavorativa non andata a buon fine invece per chi a quei legami «sentimentali» aveva detto no.
O firmi o te la faccio pagare «Goracci – racconta la Minelli – mi fece pressioni per farmi firmare una determina con la quale avrei dovuto cambiare il profilo professionale della Ercoli. A mio avviso si trattava di atto illegittimo. Mi disse che me l’avrebbe fatta pagare, che mi avrebbe ostacolato in ogni modo e che mi avrebbe revocato l’incarico. Io dissi che non lo firmavo perché non volevo finire davanti ai giudici e lui mi disse che ero anche pagata per finire davanti a un giudice». Minelli non firmò quell’atto e per la Ercoli, secondo la ricostruzione dell’accusa, venne organizzato quello che viene definito «concorso farsa».

Emarginare i ribelli Nell’interrogatorio di garanzia Goracci ha sostenuto che erano quattro o cinque a screditarlo, non di più. Ed è sempre la Minelli a parlare anche di queste persone per cui Goracci avrebbe fatto altre pressioni: «Goracci – dice ancora – mi disse espressamente di emarginare nella organizzazione del servizio della polizia municipale i tre vigili, Naticchi, Volpi e Ceccarelli, che avevano proposto ricorso al tar e che si erano macchiati di non aver sottoscritto un accordo sindacale. Ricordo poi di un’occasione in cui il tenente Naticchi aveva sequestrato le logge di piazza 40 martiri per problemi di salute pubblica. E Goracci mi chiamò insistentemente pretendendo che io revocassi il sequestro del tenente per una contravvenzione elevata alla sua auto privata. Goracci venne a protestare nel corso di una riunione».
La cricca da punire Ed è lo stesso Naticchi a dire che «nell’ufficio c’era un clima di timore, di intimidazione continua. Nel corso dei mandati del sindaco Goracci si era instaurato un clima che non esito a definire di paura. Per la paura di essere ghettizzati. Il classico mobbing sul lavoro». Gli fa eco la collega Loredana Volpi che dice: «Io il tenente Naticchi e il collega Ceccarelli eravamo indicati dal sindaco Goracci come la cricca. Tutti nel comune eseguivano gli ordini di Goracci, si ponevano nei suoi confronti a ‘pelle di leone’, e forse per questo nostro non prostrarci alle sue volontà siamo stati emarginati. Ma non abbiamo abbassato la cresta. Quando nominarono la Ercoli noi fummo “ puniti” nel senso che ci destinarono a quell’ufficio in posizione subordinata perché avremmo dovuto essere controllati». Non meno pesanti le parole di Ceccarelli che dice: «Goracci intimidiva le persone , da più persone veniva definito lo zar perché cercava di imporre la sua volontà».

Il gruppo e le tecniche paramilitari di inquinamento probatorio Una cricca e un gruppo? No. Per i pubblici ministeri non ci sono dubbi, c’è solo un «gruppo Goracci» che usa tecniche «paramilitari». «Dalle intercettazioni- scrivono – è emersa l’attualità del legame tra i sodali nonché un potente quadro di inquinamento probatorio estrinsecatosi con cadenza giornaliera in una fitta rete di scambi di informazioni sullo stato delle indagini e sui documenti acquisiti da carabinieri, nella distruzione di documenti pubblici, nella sottrazione di documenti poi consegnati alla Ercoli, negli accordi per la predisposizione di querele nei confronti delle persone che i sodali sapevano essere a conoscenza di alcuni fatti delittuosi o che sapevano essere state convocate dagli inquirenti». Lucia Cecili, si legge nel documento della procura, «ha fatto sparire alcuni documenti pubblici gettandoli nella spazzatura».
La macchina goracciana fabbrica di consensi per interessi personali Un testimone che non si sarebbe piegato al volere del gruppo Goracci, Gabriele Silvestri dice: «posso dire che Goracci era un persecutore . Prima delle elezioni del secondo mandato mi disse che siccome avevo fatto delle cose che non gli piacevano mi avrebbe tolto parte del personale e se avessi insistito avrebbe fatto di peggio. Mi accorsi di contributi e vantaggi economici che venivano deliberati in giunta in maniera illegittima dal sindaco o dalla giunta». E ancora Franco Bazzurri, sempre dal Comune di Gubbio che dice:« la macchina goracciana era una fabbrica di consensi per i loro interessi personali . Ho cercato di ripristinare un minimo di legalità e sono subito stato messo in posizione in cui non potevo nuocere: mi venne attribuito l’incarico di seguire gli organi istituzionali ma in realtà mi sistemarono in un piccolo stanzino a fare niente». La fine sembra, di chi non si piegava. «O cedevi o eri fuori».
Sette nuovi indagati Adesso non rimane che attendere la fine del giro degli interrogatori. E fare la conta di quanti entreranno come indagati a piede libero nell’inchiesta. Sarebbero sette al momento: almeno due ingegneri e un funzionario del Comune di Gubbio. Ma l’indagine chiamata Trust, che tradotto vuol dir fede, ha un nome che è tutto un programma: aspettare per credere.
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