La sede di Gesenu

di Daniele Bovi

Una parte del gruppo di operai Gesenu, quelli accusati di reati di tipo mafioso ed entrati nell’orbita della società umbra una volta vinti, anni fa, gli appalti in Sicilia, sono stati licenziati. La notizia, confermata dagli attuali vertici di Gesenu, è arrivata mercoledì a margine dell’udienza al Tar dell’Umbria nella quale si è discusso il ricorso di Gesenu (i tempi della sentenza non si preannunciano troppo brevi) contro l’interdittiva antimafia voluta dall’ex prefetto di Perugia Antonella De Miro. In tutto si tratta di sei persone e «per quattro di loro – spiega l’amministratore delegato di Gesenu Dante De Paolis – l’iter è finito proprio ieri, mentre per due le procedure sono ancora in corso». Insomma, da quattro il numero dovrebbe lievitare a sei nel giro di non troppo tempo.

ROMIZI: FARE CHIAREZZA

Azienda sana De Paolis è sulla tolda di comando della società umbra da metà novembre e lì rimarrà ancora per qualche mese, fino all’approvazione del bilancio 2015. «Poi – spiega – saranno i soci a scegliere il nuovo consiglio di amministrazione». Il nuovo ad ha trovato una situazione economico-finanziaria migliore rispetto a quella di alcuni mesi fa: «L’azienda – dice – è sana, e questo dipende anche dall’aver incassato 40 milioni di crediti, anche se ne rimangono ancora 13. Questo ha permesso anche di azzerare le posizioni aperte con le banche e di pagare quanto dovuto ai fornitori». Un De Paolis conscio che la revoca dell’interdittiva, che non permette all’azienda di partecipare a gare, è «la madre di tutte le battaglie. Noi siamo fiduciosi e ottimisti». Nessuna incertezza invece riguardo i contratti in essere: a quei consiglieri che in qualche comune pensano a stracciare gli accordi con Gesenu, il vicesindaco di Perugia Barelli, anche lui presente all’udienza, ricorda che «i commissari nominati dal prefetto sono lì appositamente per evitare ciò».

LO SCONTRO IN UDIENZA TRA AVVOCATURA DELLO STATO E DIFESA

L’assetto In attesa del Tar va però portato avanti il piano industriale, dove un punto riguarda la razionalizzazione dell’universo delle partecipate. «Le dismissioni – risponde sul punto l’ad – sono previste ma qualcuno poi le società le deve comprare». Insomma, decidere di vendere non basta perché poi serve qualcuno interessato agli asset di Gesenu e per uno di questi, ovvero Mosema, spa siciliana che si occupa dello smaltimento dei rifiuti, un’offerta c’è. Sullo sfondo dell’intricata partita che riguarda la capofila c’è sempre l’assetto societario. Un pezzo di maggioranza (quel Ncd vicinissimo all’attuale presidente Luca Marconi) vorrebbe che il 45 per cento in mano al Comune ‘pesasse’ di più ma per il momento il dossier rimane chiuso. Di certo però il tema c’è, perché Gesenu cammina su un equilibrio delicato: oltre al 45 per cento di palazzo dei Priori c’è infatti l’altro 45 per cento, quello di Manlio Cerroni, e il 10 per cento di Carlo Noto La Diega; e da statuto per prendere le decisioni serve almeno il 60 per cento. In sintesi, pubblico e privato devono andare a braccetto.

COMMISSIONE ANTIMAFIA A PERUGIA: APPROFONDIRE RUOLO SOCIO PUBBLICO

Il M5S Mercoledì di Gesenu ha parlato anche il capogruppo del M5S in consiglio comunale Cristina Rosetti. In particolare Rosetti si rivolge al sindaco Andrea Romizi, che aveva chiesto di fare chiarezza fino in fondo. «La Commissione antimafia – scrive – è stata chiara. Ora, fare chiarezza spetta a Lei, che è alla guida di questa città. L’affondo della Commissione antimafia sulla responsabilità della parte pubblica è chiara e inequivocabile e conferma quello che Le diciamo da un anno e mezzo. Nella migliore delle ipotesi c’è una culpa in vigilando e in eligendo, ma non abbiamo visto rimozioni, ma conferme. Non tutti i comportamenti hanno una rilevanza penale, non tutto può essere risolto dalla magistratura, occorre un salto culturale, occorre trasparenza, controllo, anche sui costi, e la ripresa della gestione dei rifiuti. Questa volta, caro Sindaco non può far finta di nulla».

Twitter @DanieleBovi

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