di Enzo Beretta
Piero Fabbri aveva la «ferma volontà di uscire indenne da ogni forma di responsabilità penale». Da parte sua c’è stato un «meditato intervento modificativo della scena del delitto (prima che terzi arrivassero sul posto), contestuale all’omessa chiamata dei soccorsi ed alla piena consapevolezza, immediatamente acquisita dall’indagato, dell’elevato rischio di morte del ferito». Così scrive il giudice per le indagini preliminari Piercarlo Frabotta nell’ordinanza attraverso la quale ha confermato la misura cautelare del carcere per il muratore di 56 anni arrestato per aver ucciso il 24enne Davide Piampiano l’11 gennaio durante una battuta di caccia al cinghiale sui monti del Subasio. All’esito dell’interrogatorio di garanzia – Fabbri è difeso dall’avvocato Luca Maori – il gip ritiene «immutate le esigenze cautelari» quali «il pericolo di reiterazione di gravi delitti della stessa specie con l’uso di armi e di inquinamento probatorio». Tra le altre cose, si legge nell’ordinanza di Frabotta, «si deve impedire all’indagato di poter influire sullo svolgimento delle indagini, ancora in corso su aspetti determinanti»: «Ad esempio non è ancora stato ritrovato il bossolo del colpo di fucile esploso da Fabbri».
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L’ordinanza del gip Secondo il magistrato «il quadro indiziario e cautelare ravvisato nell’ordinanza di custodia cautelare non è in alcun modo scalfito dalle dichiarazioni difensive dell’indagato» che ha «confessato di aver sparato per errore a Piampiano solo all’esito di numerose contestazioni dei dati obiettivi emergenti dalle indagini (dopo aver offerto una versione palesemente falsa della dinamica dei fatti, pur raccontata e ripetuta nella prima parte dell’interrogatorio con assoluta freddezza); ha ammesso altresì di non aver chiamato il numero di emergenza 118 – per soccorrere l’amico ferito in maniera molto grave – per ragioni rimaste del tutto nebulose e poco convincenti (confusione et similia)».
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«Non spiega perché scarica la carabina di Davide» Prosegue Frabotta: «A fronte di tale plateale e volontaria omissione Fabbri ha confermato di aver chiamato altre persone e di aver raccontato loro la bugia dell’autoferimento di Piampiano; non ha poi credibilmente spiegato per quale ragione abbia scaricato l’arma della vittima, azione questa che, secondo una prima versione, sarebbe stata addirittura la prima in assoluto che egli avrebbe compiuto per non meglio chiarite ‘ragioni di sicurezza’, atteso che a sparare non era stata la carabina di Piampiano bensì il fucile semiautomatico dell’indagato». Conclude il giudice: «Sono rimasti confermati, in altri termini, tutti i comportamenti di Fabbri, successivi al ferimento colposo ai danni della giovane vittima da egli stesso cagionato».