Il decreto Bonafede, con il quale il ministro della Giustizia ha previsto il ritorno in carcere dei boss detenuti scarcerati nei mesi scorsi per l’emergenza Coronavirus, finisce davanti alla Consulta. A portarcelo il giudice di sorveglianza del tribunale di Spoleto, Fabio Gianfilippi, che ha sollevato una questione di legittimità costituzionale. La notizia è stata riportata dall’Adnkronos.
Il magistrato Gianfilippi nel provvedimento con il quale dichiara «rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2 del dl 10 maggio 2020, n.29, nella parte in cui prevede che proceda a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all’emergenza sanitaria da Covid-19». Gli atti sono così stati trasmessi alla Corte costituzionale. Il giudice ha anche ordinato la trasmissione degli atti al Presidente del consiglio Giuseppe Conte e ai presidenti delle due camere.
Nelle 19 pagine dell’ordinanza, il giudice di sorveglianza di Spoleto, tratta il caso di un detenuto, condannato a 5 anni di carcere, che era finito ai domiciliari. L’uomo è stato sottoposto a un trapianto di organi «con la necessità – si legge nel provvedimento – di continuare il trattamento con immunosoppressore e immunoglobuline anti-Hbv». Il detenuto è stato ritenuto a rischio per il coronavirus e dopo la richiesta del legale scarcerato e mandato ai domiciliari. Ma dopo la norma Bonafede la sua vicenda è tornata al magistrato di sorveglianza per la revoca dei domiciliari e il ritorno in carcere, ma di fronte agli atti Gianfilippi ha deciso di sollevare una questione di legittimità costituzionale mandandoli alla Consulta.