L'ospedale di Pantalla

di Daniele Bovi

C’è un altro virus che potrebbe aggirarsi in Umbria, quello della sindrome Nimby, cioè «Not In my backyard («Non nel mio cortile»). Martedì in consiglio regionale l’assessore alla Sanità Luca Coletto parlando del piano ospedali per affrontare l’emergenza legata all’epidemia di nuovo coronavirus, ha spiegato che in caso di numeri in crescita gli ospedali di Branca (Gubbio) e Pantalla (Todi) potrebbero ospitare alcuni contagiati; nell’eventualità, si tratterebbe di pazienti non in condizioni critiche, dato che per quelli gravi ci sono gli ospedali di Terni e Perugia. Tanto è bastato per far salire sulle barricate i sindaci della fascia appenninica che hanno preso carta e penna per chiedere alla Regione di fare un passo indietro.

IL PIANO DELLA REGIONE

L’Appennino Filippo Mario Stirati (Gubbio), Massimiliano Presciutti (Gualdo Tadino), Monia Ferracchiato (Fossato di Vico), Giampiero Fugnanesi (Scheggia e Pascelupo), Andrea Capponi (Sigillo) e Fabio Vergari (Costacciaro) pur ribadendo piena disponibilità a «garantire ogni forma di supporto» all’intera popolazione regionale, chiedono un incontro temendo un depotenziamento di Branca. I sindaci parlano di un ospedale che funziona a pieno regime tra parti in crescita, il centro di eccellenza per la cura della fibrosi cistica e Rsa: «Lo smantellamento di tali servizi – dicono – di tutta evidenza incompatibili con la gestione dei pazienti affetti da Covid19, sia che necessitino o meno della terapia intensiva, comporterebbe un danno economico e di assistenza sanitaria non solo per il nostro territorio ma per tutta la regione Umbria». «Ho espresso alla presidente e all’assessore alla Sanità – ha aggiunto in giornata Stirati – la mia più radicale e risentita contrarietà di destinare a Branca il centro emergenza coronavirus. Intanto non conosciamo nel dettaglio il piano posti letto e poi soprattutto non si è tenuto in alcun conto il parere dei territori. Chi rappresenta la democrazia dei territori non va disprezzato in questo modo».

IL BILANCIO: 44 CONTAGIATI

Proposte e attese I sindaci propongono che nelle terapie intensive degli ospedali di primo livello si curino pazienti non affetti da virus, mentre i contagiati andrebbero dirottati verso un’unica struttura (ma non indicano quale). Nella Media Valle del Tevere invece attendono di vedere indicazioni concrete: «Se c’è un’emergenza – dice a Umbria24 il sindaco di Todi Antonino Ruggiano – tirarsi indietro sarebbe da delinquenti, ma vogliamo capire tempi e modi». Il sindaco anche in giornata ha parlato con Coletto dal quale «vorrei avere delle direttive scritte; mi riservo in concreto di capire. Noi sindaci della Media Valle abbiamo una posizione unitaria: siamo a disposizione ma vogliamo capire di che si tratta». Al di là delle diverse posizioni è chiaro che in una fase di grande tensione e paura conti anche un altro fattore: i sindaci non vogliono vedersi allestire nei loro territori strutture dedicate all’emergenza. Ma, appunto, si tratta di un’emergenza dove ognuno è tenuto a fare la propria parte, senza defezioni.

PERUGIA VUOTA, CHIUDONO LE ATTIVITÀ

Le direttive Ai più alti livelli della task force c’è questa consapevolezza e più d’uno diagnostica una classica sindrome Nimby. «Il problema – spiega chi ha piena conoscenza della situazione e del dossier legato all’emergenza – è che non siamo in tempo di pace, bensì di guerra e dobbiamo ragionare in un’ottica regionale». Non più tardi di martedì ai vertici sanitari e non solo è arrivata un documento firmato da Claudio Dario (direttore Sanità della Regione) con cui si chiede di «attivare tempestivamente» tutta una serie di misure, tra le quali quelle per «rendere operativo nel più breve tempo possibile l’ospedale della Media Valle del Tevere come Covid-Hospital»; allestire posti letto di terapia intensiva, malattie infettive e pneumologia; potenziare i team per la sorveglianza sanitaria così da assicurare la permanenza a casa di coloro che necessitano di assistenza post ospedaliera; intensificare le misure restrittive di accesso alle strutture sanitarie, ridurre tutte le attività aggregative e dimettere tutti i pazienti che è possibile dimettere.

TESEI: «CRISI ECONOMICA DI ALMENO 3 MESI»

Perugia All’ospedale di Perugia intanto si stanno per concludere i lavori per la creazione di dieci nuovi posti letto da destinare, in modo flessibile, a terapia intensiva o malattie infettive. I locali individuati sono quelli lasciati liberi da alcuni prof universitari al secondo piano e già giovedì, se alcune strumentazioni saranno consegnate, tutto potrebbe essere pronto. «Una delle cose che in questo momento va affermata – dice a Umbria24 Antonio Onnis, commissario straordinario del Santa Maria della misericordia di Perugia – è che occorre muoversi in una prospettiva regionale e non localistica; ciascuna sede deve essere l’ospedale degli umbri». E mentre a Gubbio, Città di Castello e Trevi si registrano i primi casi (i primi due sono in isolamento domestico mentre il terzo è ricoverato a Perugia), dal fronte politico si sollevano dubbi sul piano della Regione.

Bori e Fora «Perplessità», anche in riferimento alla presenza del centro per la fibrosi cistica, la esprime il capogruppo pd Tommaso Bori, che annuncia un’interrogazione a risposta scritta: «Ogni scelta – dice – andrà attentamente ponderata, di concerto con i sindaci e le istituzioni locali che dovranno essere sempre consultati». Un’altra interrogazione ha deciso di presentarla Andrea Fora, secondo il quale per Pantalla che intravvede, complice l’emergenza, «un disegno di spoliazione nel medio termine» di alcuni servizi.

Twitter @DanieleBovi

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