Aldo Bianzino

di Francesca Marruco

Tra i medici legali lo scontro è quasi totale. Se concordano sulla presenza di una emorragia e di una lesione al fegato su tutto il resto non c’è convergenza. E così nell’udienza del processo alla guardia penitenziaria Gianluca Cantoro, imputato per omissione di soccorso nei confronti di Aldo Bianzino, emerge in tutta la sua potenza quale è la reale partita che si sta giocando.
Lo scontro Non tanto come si potrebbe immaginare tra procura e difesa, ma tra parte civile e le altre parti in aula. Non è un mistero che i famigliari di Aldo Bianzino non abbiano  mai accettato l’archiviazione dell’indagine contro ignoti per omicidio volontario. E lunedì mattina davanti ai giudici Massei, Micheli e Cenci, le letture dei fatti dei medici legali  lo hanno reso evidente nella massima misura.
La lettura dei fatti dei consulenti del pm Quindi i consulenti del pubblico ministero Giuseppe Petrazzini, i dottori Luca Lalli e Anna Aprile che hanno deposto per primi in una gremita aula degli Affreschi, ritengono che Aldo Bianzino sia morto a causa dell’emorragia cerebrale subaracnoidea provocata da un probabile aneurisma e che la lesione al fegato sia stata causata durante la manovra di rianimazione. Non riescono con le loro analisi a stabilire a che ora l’emorragia possa essere iniziata ma individuano una finestra di tempo che va dalle due ore precedenti il suo ritrovamento la mattina del 14 ottobre alle 8, fino alle otto ore prima.  Sostengono che l’ipotesi  più probabile della stessa sia la rottura di un aneurisma, ma non escludono anche una fissurazione, cioè una lacerazione di minore entità. Anche per il fatto  che l’aneurisma non è stato individuato in sede autoptica.
E quella dei consulenti della parte civile E’ stata poi la volta dei consulenti delle parti civili, con il professor Vittorio Fineschi, direttore dell’istituto di medicina legale di Bari e una sua specializzanda. Fermo restando la presenza dell’emorragia subaracnoidea che ha provocato la morte e la presenza della lesione al fegato, loro propongono una lettura diversa. Per Fineschi l’emorragia, che inizialmente fu di modesta entità perché non avrebbe inondato di sangue le parti più profonde del cervello, potrebbe anche essere stata provocata da un trauma: una torsione della testa, uno scuotimento, qualcosa che abbia causato una lacerazione e un’uscita di sangue. Per il medico questa affermazione è possibile vista l’assenza del rinvenimento dell’aneurisma stesso. Quanto alla lesione al fegato ha sostenuto, studi alla mano, che la stessa risulta classificata come molto rara nelle manovre rianimatorie. E generalmente correlata anche da altri traumi classificati come meno rari. Per Fineschi insomma la lesione al fegato, su un soggetto morto,  con un versamento di sangue come quello di Bianzino solleva più di una perplessità.
Nessun accordo sulle cause Di avviso diametralmente opposto Aprile e Lalli che sui punti specifici sollevati da Fineschi hanno ribattuto: per loro l’emorragia subaracnoidea non può derivare da traumi quali torsione o scuotimento. Anzi la zona in cui si è verificata depone per una nascita spontanea della stessa. Per Lalli e Aprile inoltre non c’è letteratura che parli di emorragie di quel tipo senza segni esterni, o inondazione di sangue nelle zone sottocutanee. Quanto al fegato Aprile interpreta in senso contrario rispetto a Fineschi: per lei, la quantità di sangue isolata e dovuta a quella ferita è troppo piccola per essere di una persona in vita. Ha un senso invece come quantità per una persona deceduta il cui cuore durante le manovre rianimatorie pompa comunque sangue, specialmente in un organo quale il fegato.
Una nuova perizia? Ma Fineschi non molla e a suon di percentuali e linee guida solleva dubbi. E’ il giudice Paolo Micheli a raccogliere il pensiero dei tre togati e ad interrogare l’esperto con domande puntuali e insidiose per avere un quadro chiaro per quando dovranno decidere cosa fare. Le parti civili con gli avvocati Anselmo, Zaganelli e Di Natale avrebbero l’intenzione di chiedere una nuova perizia. Superpartes. Da periti cioè nominati dal tribunale. Sempre che il tribunale poi accolga la richiesta.
Di cosa si parla? Altrimenti i giudici si troveranno con consulenti che dicono cose opposte e dovranno decidere basandosi su di essi. Forse. Ma non necessariamente e non del tutto. Le loro valutazioni e letture si scontrano infatti sulle cause delle lesioni. Non sulle lesioni stesse. Ma le cause delle lesioni, piaccia o meno, in questo processo non c’entrano. Non esistono nel capo d’imputazione che il pm Giuseppe Petrazzini ha mosso contro l’imputato, reo per l’accusa di non aver soccorso Bianzino. Possono essere esistite, almeno inizialmente,  in quell’indagine per omicidio volontario che lo stesso Petrazzini ha aperto e archiviato.  Intanto l’appuntamento è per il 23 gennaio con l’esame dell’imputato.

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