di Dan.Bo.
«Un pericoloso precedente che rischia di estendersi a macchia d’olio». Così la Flc Cgil definisce alcuni punti del nuovo «Regolamento per l’attribuzione dei compiti didattici e dei doveri dei professori e dei ricercatori universitari» dell’Università per stranieri di Perugia; documento contro il quale il sindacato, insieme a un gruppo di docenti, ha deciso di presentare un ricorso al Tar. La vicenda trae origine da un decreto legge del 2022 sull’attuazione del Pnrr nel quale, tra le altre cose, si modifica la normativa sull’insegnamento nazionale, dando la possibilità di intervenire non più con un decreto ministeriale bensì con dei regolamenti di ateneo.
Due punti Le contestazioni riguardano soprattutto due punti. La prima è relativa alla possibile estensione delle attività di insegnamento fino a 160 ore per i prof di ruolo, anche senza il loro consenso. Stando al nuovo regolamento ogni docente deve dedicare all’insegnamento non meno di 120 ore, con le ulteriori 40 che possono essere attribuite anche senza il consenso del docente, che scatterebbe solo dopo questa soglia. Queste 40 ore poi possono essere assegnate «ove possibile all’interno del proprio settore concorsuale». «Di fatto – sottolinea la Cgil – si stabilisce che il Dipartimento possa imporre questi insegnamenti al di fuori del settore scientifico disciplinare in cui si è inquadrati, diversamente da quanto giustamente previsto per le altre classiche 120 ore».
Diritti stravolti Per il sindacato queste modifiche «si collocano ben oltre il dettato normativo, stravolgendo i diritti e di fatto lo stesso rapporto di lavoro della docenza universitaria. Rappresentano, quindi, un pericoloso precedente che rischia di estendersi a macchia d’olio». Per la Cgil e i docenti che hanno firmato il ricorso con queste soluzione da una parte «si sradica il chiaro limite orario» previsto dalla legge, e dall’altra si possono attribuire incarichi anche molto distanti dalle attività di ricerca dei professori. «Il rischio di abuso, in atenei profit e no profit – dicono – ci pare evidente».
Il ruolo di Ministero e Cun «Ci domandiamo, in tutto questo, dove sia il Ministero dell’Università e della ricerca. La sua funzione di supervisione e controllo del sistema universitario nazionale – scrivono infine – che è anche funzione di vigilanza della libertà di insegnamento e della regolarità del comportamento degli atenei, ci appare completamente disattesa. Ci domandiamo anche dove sia il Consiglio universitario nazionale: nel passato ha avuto parole e atti importanti sui compiti della docenza e dei ricercatori, sull’importanza della libertà e della qualità dell’insegnamento, sulla salvaguardia del sistema universitario nazionale. Oggi, qui come su altro, sembra forse appannare la propria azione».