Una vista del castello di San Girolamo

di Marco Torricelli e Cesare Antonini

L’inchiesta sulla Diocesi di Terni rischia di fare seri danni al Comune di Narni. Per ora. La vicenda relativa alla vendita del castello di San Girolamo, infatti, provoca violente polemiche tra i politici narnesi. E, intanto, le indagini proseguono.

L’attacco Ad innescare la miccia era stata la minoranza, con i rappresentanti della lista ‘Tutti per Narni’ che, senza mezzi termini, avevano chiesto che fossero presi dei provvedimenti nei confronti di Antonio Zitti e Alessandra Trionfetti, i due funzionari comunali raggiunti da un’informazione di garanzia per quella vicenda. Stesso provvedimento avrebbe riguardato – ma lui continua a negare di aver ricevuto nulla – il sindaco di allora, Stefano Bigaroni.

Botta e risposta Altrettanto decisa è stata la replica dei socialisti narnesi, che hanno espresso la loro «indignazione nei confronti di una lista civica i cui principali esponenti hanno radici, forse dimenticate o rinnegate, democristiane e socialiste. Per i quali il garantismo sarebbe dovuto essere alla base dell’attuale democrazia. Ma, secondo Tutti per Narni, il Psi ha preso fischi per fiaschi: «Siamo per uno stato di diritto – è la contro-replica – diamo il giusto valore ad un avviso di garanzia e non ci interessano le polemiche strumentali». Secondo i rappresentanti della minoranza, però, «bisogna capire che, quando è il comune che vende, non ci si deve solo preoccupare di incassare soldi ma dobbiamo avere assolute garanzie sul futuro del plesso e sui tempi di intervento».

I dubbi Fin qui la polemica politica. Poi, però, c’è sempre in ballo la questione giudiziaria. Che è quella, in fondo, che conta di più. Perché le indagini, l’esame della documentazione e i riscontri proseguono. Uno degli aspetti mai fino in fondo chiariti è quello relativo a chi abbia, effettivamente, messo i quattrini per l’acquisto del castello. Ufficialmente, almeno all’inizio, a mettere i 100 mila euro di acconto è la Società Iniziative Immobiliari di Luca Galletti e Paolo Zappelli – gli ex dipendenti della Diocesi, oggi sotto inchiesta – che però annuncia subito che cederà il tutto alla società ‘Il Castello di Narnia’, capitale sociale 50 mila euro, formata dalla Isam immobiliare, che partecipa anche alla faccenda del Santa Monica di Amelia, la Umbria Gestioni Immobiliari e l’Immobiliare Vincioni di Terni, a sua volta coinvolta in altri affari legati alla diocesi di Terni.

I soldi La seconda rata, di 600 mila euro – per coincidenza la stessa somma prevista nel Piano urbanistico complesso (Puc2) per quell’operazione – non si è mai capito bene chi l’abbia effettivamente sborsata. Per il saldo, ufficialmente, hanno provveduto Diocesi (900 mila euro) e l’Ente seminario vescovile di Narni (166 mila euro). Totale: un milione e 766 mila euro. Con un clausola: i due enti religiosi potranno recedere dall’acquisto entro il 31 dicembre del 2013. E sono proprio quei 600 mila euro della seconda, e la loro provenienza, rata ad incuriosire gli inquirenti. Perché nella vicenda potrebbe essere entrato qualcun altro, con il ruolo di finanziatore di emergenza, come già avvenuto in passato e come sarebbe avvenuto anche in futuro. Una mezza idea, gli investigatori, ce l’avrebbero.

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