Un sit-in di protesta Aidas

di Marco Torricelli

Serenella Arca, Rita Satolli, Petya Dimova e Gino Venturi sono arrivati al 25simo giorno di sciopero della fame. Inutili anche i pressanti inviti del medico: loro confermano l’intenzione di «proseguire in questa forma di protesta, supportata non solo dalle lavoratrici Aidas, ma anche da tante persone o associazioni di tutto il Paese».

Situazione bloccata Per interrompere lo sciopero, i quattro chiedono garanzie su «un percorso assolutamente trasparente e costruttivo, che veda il coinvolgimento delle decine di lavoratrici, socie e quindi proprietarie dell’azienda, che anche attualmente assicurano il funzionamento dei servizi per gli anziani al Tiffany e nella modernissima struttura di Collerolletta».

Gli stipendi Serenella Arca, Rita Satolli, Petya Dimova e Gino Ventur chiedono «il pagamento di almeno una parte delle 13 mensilità di stipendi arretrate per decine di lavoratrici ormai ridotte, con le proprie famiglie, in condizioni di forte disagio». Tanto che, nei prossimi giorni «grazie all’interessamento della Uil Fpl nazionale arriveranno alcuni prodotti di prima necessità che saranno distribuiti alle famiglie con maggiore bisogno».

La trasparenza Una delle condizioni è anche che sia ristabilito «come prevede lo statuto di Aidas, che a determinare le scelte aziendali siano le socie lavoratrici e non invece anche coloro che sono lavoratori dipendenti, peraltro precari in quanto inspiegabilmente con contratti a tempo determinato, di una cooperativa concorrente e magari interessata a rilevare l’attività dell’Aidas».

Il commissario Quella che i quattro scioperanti definiscono «una cosa scontata e chiara a molti, trova invece il diniego del commissario Silvia Volpini, ma la situazione potrebbe evolvere in senso positivo se, come richiesto dalla Uil nazionale e dall’Associazione generale delle cooperativa italiani (Agci), a prendere l’iniziativa fosse il ministero delle attività produttive. Sarebbe una forte garanzia di trasparenza».

L’ambasciata Il fatto che una delle tre lavoratici che rifiutano il cibo, Petya Dimova, sia cittadina bulgara, ha fatto sì che della vicenda si interessasse  – «mentre le istituzioni locali latitano», dicono gli scioperanti – anche la diplomazia internazionale: l’ambasciatore bulgaro in Italia, Marin Raykov, ha incaricato il console Irene Todorova di seguire da vicino il caso.

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