«Dobbiamo fidarci della scienza perché la scienza sbaglia e sbagliando riprende la ricerca e alla fine arriva a stabilire regole e leggi che possono anche non essere democratiche, perché non seguono l’opinione della maggioranza, ma ci spiegano le leggi della natura e ci aiutano a superare le criticità». Questo il messaggio che il professor Telmo Pievani, noto filosofo della scienza ed evoluzionista, ha illustrato a Terni, presso la sala convegni di Arpa Umbria, in un incontro organizzato dall’Agenzia regionale per la protezione ambientale, in collaborazione con l’associazione Civiltà laica di Terni.

Pievani L’incontro è stato aperto dal direttore generale di Arpa Umbria, Luca Proietti, che ha sottolineato come l’Agenzia sia impegnata, oltre ai compiti attribuitigli dalla legge istitutiva, in una serie di attività di comunicazione, necessarie per far aumentare la consapevolezza dei cittadini sui temi ambientali, sempre più al centro dell’agenda politica degli stati e dell’attenzione delle persone. Quello di oggi – ha concluso Proietti – è un appuntamento molto importante, sia per i temi trattati sia perché rappresenta, vista la grande presenza di pubblico, la ripresa delle attività in presenza, dopo la pandemia». L’incontro è stato moderato da Alessandro Chiometti, presidente dell’associazione Civiltà laica.
Chiometti, con una serie di domande ha stimolato le riposte del professor Pievani, che ha trattato il tema dell’incontro, il rapporto fra scienza e democrazia, l’influenza della comunicazione e l’importanza della condivisione delle conoscenze. La pandemia – ha sottolineato Pievani – ha evidenziato una serie di criticità. Tra le maggiori quella delle campagne di comunicazione affidate a persone che non avevano le competenze, a volte scientifiche e spesso di comunicazione, per affrontare l’opinione pubblica. Invece il presenzialismo, il dibattito scientifico trasferito nei talk show ha fatto si che si scontrassero diverse opinioni creando disorientamento nelle persone e quindi alimentando la sfiducia. In altri paesi, soprattutto quelli anglosassoni – ha detto Pievani – solo poche persone sono andate in televisione a parlare a nome delle istituzioni, e non a titolo personale. E quello che queste figure riportavano non era la propria opinione, ma il rapporto di un'istituzione riconosciuta le cui informazioni avevano superato controlli e verifiche».

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