di Andrea Romizi

Tra il 2 e il 3 giugno 1946  con il referendum per scegliere la forma dello Stato nacque ufficialmente la nostra Repubblica. La storia d’Italia fu allora, come ha scritto Aldo Alessandro Mola, spezzata in due tronconi. Da quel momento furono nettamente distinti un ‘prima’ e un ‘dopo’. Il ‘prima’ portava con sé il compimento del Risorgimento ma anche la tragedia del fascismo e l’orrore della guerra. Il ‘dopo’ portava con sé la democrazia, il desiderio di dimenticare quella tragedia e la volontà di ricostruire.

Insieme alle elezioni per il referendum istituzionale si tennero anche quelle per la composizione dell’Assemblea costituente, ambito in cui poi germogliò la nostra Costituzione. Con quella tornata elettorale si riconobbe l’effettivo suffragio universale e, finalmente, per la prima volta, venne riconosciuto alle donne il diritto di voto. Fu una svolta di civiltà fondamentale. Fu una campagna elettorale di nuovo all’insegna della libertà, con il ritorno ai comizi e alla partecipazione.

Celebrare il 2 giugno significa dunque celebrare libertà, pace, democrazia, Costituzione: i pilastri fondamentali su cui ora e in ogni tempo deve reggersi l’Italia. Quel terreno, va ricordato, fu, in alcune realtà, preparato da un passaggio di avvicinamento fondamentale: le prime elezioni amministrative per il ristabilimento dei consigli municipali dopo la fine della dittatura. Perugia, come ricordammo qualche anno fa con un’apposita mostra voluta dall’assessore Varasano, andò al voto il 7 aprile del 1946, precedendo molte città italiane.

L’amministrazione di allora fu guidata dal Sindaco Ugo Lupattelli, che, il 25 giugno 1946, rivolgendosi al Consiglio comunale, celebrò così l’esito referendario: «La vittoria della Repubblica è un atto di vita nuova, un avvenimento preparato da lungo e doloroso calvario. È un atto di vita ma anche di liberazione. È in quest’ora solenne che la voce della Patria chiama a raccolta tutti i suoi figli, uomini e donne, senza imposizioni, né rinnegamenti, è una voce protettrice e materna che chiama a raccolta tutti gli italiani all’arduo compito della ricostruzione».

La ricostruzione si fondò dunque sulla Repubblica, su un atto di vita nuova, su una conquista straordinaria il cui valore merita di essere celebrato ogni 2 giugno, solennemente, e ogni giorno, con atti concreti ed adesione convinta.

Personalmente, quello di oggi è un 2 giugno se possibile ancor più carico di significato.

Sancisce il mio ultimo anno nelle vesti di sindaco della Città di Perugia. Questo mio impegnativo ma affascinante cammino da amministratore mi ha dato l’opportunità di conoscere e vivere molte belle e stimate figure istituzionali, molte delle quali oggi qui presenti con cui ho potuto instaurare un rapporto proficuo e sinergico finalizzato al bene della nostra comunità, a migliorarla, accrescerla, a renderla conscia del suo potenziale e a fare in modo che questo possa esprimersi nel suo massimo compimento.

Da ognuno di voi ho imparato qualcosa, ognuno di voi mi ha ispirato, con ognuno di voi ho avuto un dialogo e uno scambio. In questi anni ho potuto toccare con mano quante donne e quanti uomini delle istituzioni si impegnano quotidianamente per un paese migliore. A tutti voi rivolgo il mio ringraziamento più sincero.

Un sentimento di particolare riconoscenza sento di dover rivolgere a tutti i miei concittadini che hanno voluto concedermi il grande privilegio di servire questa città. Ogni vostra parola, ogni vostro appunto, ogni vostro consiglio, ogni vostra critica, ogni vostro parere vi assicuro non è mai rimasto inascoltato. Ritengo, e ho sempre ritenuto, che mettersi in discussione sia una tappa imprescindibile per cercare di migliorarsi. E che l’ascolto sia una prerogativa fondamentale per chi amministra una comunità locale, poiché non dobbiamo mai dimenticare che la Repubblica, la ‘cosa pubblica’, questa meravigliosa istituzione che oggi stiamo celebrando, è fatta in primo luogo di persone e che proprio le persone sono la più grande ricchezza di cui disponiamo.

Buona vita a Perugia, buona vita alla nostra Repubblica.

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