La presidente Marini e l'assessore Silvano Rometti martedì a Perugia

di Daniele Bovi

Sul tavolo della Regione dove si discute della questione termovalorizzatore la partita cambia, con la possibile prospettiva di un solo impianto al posto di due e una presidente decisa a cambiare parzialmente strada rispetto al Piano regionale dei rifiuti. Se nel Piano infatti, varato nel 2009, erano previste due strutture (tutta da scegliere la tecnologia più adatta e meno impattante) per bruciare il 35% dei rifiuti prodotti in Umbria (il restante 65% deve essere differenziato in teoria entro il 2012), ora l’orizzonte possibile è quello di uno solo, con tutta probabilità nell’Ati2, cioè nel Perugino, e con una possibile apertura ai privati.

Una valutazione diversa A spiegarlo è stata la presidente Catiuscia Marini martedì mattina illustrando i risultati raggiunti dal sistema di raccolta differenziata, che nel 2011 ha toccato quota 38,02% con prospettiva 50% nel 2012: «Va fatta – ha detto – una valutazione diversa sulla chiusura del ciclo. Valuteremo se la soluzione dei due impianti, previsti uno nell’Ati2 e uno nell’Ati4, sia sostenibile sul piano ambientale, tecnologico, quantitativo e finanziario». La quota di differenziata che si alza e le norme promesse dal governo impongono un cambio di scenario.

Lo studio di fattibilità Secondo le stime fatte nei mesi scorsi, per un impianto di termovalorizzazione si parla di circa cento milioni di euro di investimento. In tempi di ristrettezze economiche e tagli ai bilanci degli enti pubblici, una montagna di soldi difficile da mettere insieme, anche pensando all’opzione del project financing. Lo studio di fattibilità avviato dall’Ati2 procede e dovrà valutare proprio il tipo di tecnologia da utilizzare (la parola «termovalorizzatore» si usa spesso per comodità, le opzioni in campo infatti sono molte), i costi, la zona di costruzione e la dimensione dell’impianto. Una cosa è infatti bruciare il 35%, un’altra una frazione minore.

DIFFERENZIATA, TUTTI I NUMERI DEL 2011

Le nuove tecnologie Tenendo sempre a mente che «alla chiusura del ciclo non si può rinunciare», «le nuove tecnologie – spiegano Marini e l’assessore all’Ambiente Silvano Rometti – ci consentono di affinare e selezionare meglio i rifiuti. Una parte del 35% infatti può andare al trattamento termico mentre un’altra può essere ancora riutilizzata. Si pensi all’ulteriore frazione umida ricavabile tramite la quale si può produrre energia con la biodigestione. Presto, comunque, daremo elementi più precisi». In uno scenario di questo tipo, che guarda cioè a un incremento della quota di differenziata, si inserisce la volontà della Regione di dare vita ai cosiddetti impianti a valle: nei progetti di palazzo Donini uno a Foligno, uno che interessa il Polo chimico di Terni e uno nel Perugino. Uno sarà dedicato al trattamento del comparto alluminio-plastica-vetro, uno alla biodigestione della frazione umida e uno ai rifiuti che arrivano dalla pulizia delle strade.

Il decreto Clini Sul tavolo della Regione c’è poi la partita aperta dal Governo Monti. Il 12 aprile scorso infatti il ministro per l’Ambiente, Corrado Clini, ha promesso che entro fine aprile verrà emanato «un decreto che prevede l’impiego di combustibili solidi secondari nei processi industriali, in particolare nel settore del cemento, che aiuterà anche molte regioni ad uscire dallo stato di emergenza». Per capirsi, il combustibile solido secondario può essere composto da frazione secca, da rifiuti bioessiccati e da scarti provenienti dal processo di recupero dei materiali (cioè al processo di differenziazione). Fino al 50% del peso del «CSS» poi può essere costituito da plastiche non clorurate, tetrapak, gomme sintetiche non clorurate, pneumatici fuori uso e resine e fibre artificiali e sintetiche. Un decreto che, se arriverà, verrà incontro alle richieste dei cementieri della regione che da tempo chiedono di poter bruciare rifiuti nei loro impianti. Il CSS può essere però utilizzato anche in altri impianti (come centrali ibride ad esempio), oppure, la Regione pensa anche a questo, essere messo sul mercato come un qualsiasi combustibile.

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