Il manifesto contestato

di Iv. Por.

La polemica la ha innescata il consigliere regionale Marco Squarta e ne è nato un battibecco su Facebook col presidente di Omphalos Stefano Bucaioni. Alla fine è intervenuto anche il Comune di Perugia. Oggetto della discordia un manifesto “virtuale” cioè una locandina pubblicata sui social per promuovere la prossima edizione del Perugia pride village, la manifestazione in programma dal 23 al 25 giugno ai giardini del frontone, che quest’anno ha per tema la laicità: «Si scrive laico, si legge libero», lo slogan scelto. Ebbene, sullo sfondo di questo poster si vede una figura femminile col velo bianco in testa e un cuore in mano.

Affondo di Squarta L’attacco parte da Squarta: «Non si può invocare il rispetto dei propri diritti, battagliare contro le discriminazioni e gli insulti e poi diffondere immagini come queste sulla Madonna che offendono chi crede. Pessimo gusto..anzi disgustoso».Si alza un polverone e parte la richiesta al Comune di Perugia di togliere il patrocinio al Pride village (cosa già peraltro chiesta dal consigliere comunale De Vincenzi prima di questa polemica).

Non una Madonna, ma una Drag Queen La replica di Omphalos, organizzatrice dell’evento, arriva con un post di Bucaioni su Facebook: «Mi preoccupa – scrive – che il consigliere regionale di Fratelli d’Italia Marco Squarta non sappia riconoscere una Drag Queen da una Madonna, ma visto che è così confuso sulla laicità delle istituzioni lo invitiamo caldamente a partecipare al Perugia Pride Village 2017, ci sarà modo di discutere ampiamente».

Comune: cancellate l’immagine Nel frattempo, arriva la presa di posizione del Comune. «Sin dal suo insediamento – si legge in una nota – l’Amministrazione Comunale si è sempre dimostrata rispettosa nei confronti di ogni sensibilità espressa, riconoscendovi manifestazioni di libertà. Per questi motivi è stata confermata la concessione del patrocinio, anche quest’anno, all’iniziativa “Perugia Pride Village 2017”, giunta alla sua quinta edizione. Ciò precisato, apprendiamo con dispiacere la diffusione nelle piazze virtuali di una locandina non rientrante nel materiale di comunicazione oggetto di patrocinio, nella quale in maniera manifesta non viene rispettato il credo altrui. Il messaggio evocato dall’immagine e le reazioni che ne stanno scaturendo appaiono peraltro in contraddizione proprio con quanto pubblicato nel manifesto dell’edizione 2017, laddove si legge che il “Perugia Pride Village torna a scardinare le gabbie di odio che opprimono le nostre identità”. Si invitano pertanto gli organizzatori dell’iniziativa a rimuovere l’immagine in questione, così da ripristinare un clima sereno di dialogo e confronto. La libertà non può mai prescindere dal rispetto».

La risposta: «Significato del Pride» Omphalos che fa sapere che non rimuoverà l’immagine, replica con una nota lunga e articolata. «Come ogni anno, all’approssimarsi della stagione dei Pride – vi si legge – un’ondata di critiche e polemiche torna ad invadere giornali e social di tutto il paese. Si dibatte animatamente sull’opportunità di manifestazioni che hanno una lunga e importante storia e un ruolo ben preciso, che forse ancora in pochi conoscono. Quella notte del 28 giugno 1969, allo Stonewall Inn di New York, la comunità LGBTI si ribellò ai tanti soprusi di una società che l’aveva relegata al proprio margine. Da allora i nostri pride sono continui atti di ribellione, momenti di riflessione prorompente, che non possono essere ignorati. I nostri pride hanno il preciso scopo di rivendicare e portare in piazza ciò che la società ancora non vuole accettare, ponendo con forza temi e discussioni anche con metodi non convenzionali e provocatori. I nostri pride scandalizzano, irritano, destabilizzano. E lo fanno di proposito».

Perché quello scatto «E allora ecco – prosegue la nota – che anche l’omofobia più nascosta, il pensiero discriminatorio che spesso si pensa di aver superato, viene smascherato con un po’ di trucco e uno scatto fotografico ben fatto. Ci si scandalizza alla percezione di qualcosa di sacro accostato a qualcosa che si ritiene sbagliato, non degno di rispetto. Dimostrando nei fatti che ciò che di sbagliato si vede sono semplicemente le nostre drag queen, le nostre persone transessuali, i gay, le lesbiche o le persone intersex. E così come per le vignette satiriche e provocatorie di Charlie Hebdo o per le raffigurazioni del Gesù migrante con la pelle nera. Tutte gabbie che si costruiscono attorno a ciò che viene ritenuto accettabile in nome di un credo religioso, obbligando l’intera società a conformarcisi. Viviamo in un paese che si dice laico, ma in cui l’opinione di un’istituzione religiosa è capofila di ogni telegiornale. Un paese in cui la discussione sui diritti umani deve passare attraverso un contraddittorio di persone che seminano odio in virtù di un credo. Un paese nelle cui scuole i simboli di culto sono difesi in nome della tradizione e di una storpiata libertà d’espressione, e rimangono lì, appesi, saldamente ancorati a quegli stessi muri che poi negano un’educazione rispettosa di tutte le differenze. In questa quinta edizione del Perugia Pride Village, ci troviamo ancora una volta a fare i conti con istituzioni che legittimano l’opinione di una religione più del rispetto delle identità e di diritti uguali per tutte le persone. È il momento che il movimento LGBTI e la società tutta diventino bandiere di un pensiero libero e laico, in cui atei e credenti di ogni religione trovino la capacità di separare la devozione individuale dalla discriminazione».

2 replies on “Perugia pride village, bufera sul manifesto: «Offende i credenti». Replica: «Non è la Madonna ma una drag queen»”

  1. la cosa più squallida di questa vicenda è l’arroganza nelle proprie affermazioni: io non posso dire “secondo me è sbagliato prenderlo dietro” perchè divento omofobo, razzista e bigotto ma loro possono fregarsene di tutti gli altri e non puoi dire nulla che ti sbranano. questa non è libertà: è imposizione della propria idea

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