di D.B.
Diciassette secondi dopo le 7.40 di domenica mattina con epicentro a cinque chilometri da Norcia, sette da Castelsantangelo e Preci, 17 da Arquata del Tronto e a dieci in profondità, giù nelle viscere della terra, si è verificato il sisma più violento, secondo gli esperti, dal 1980 a oggi, cioè dal terremoto dell’Irpinia. Ad attivarsi è stato lo stesso sistema di faglie del 24 agosto, e forse addirittura la stessa faglia che si è rotta poco più di due mesi fa. Stando alle prime analisi dell’Istituto italiano di geofisica e vulcanologia «riprende quindi la parte settentrionale del sistema di faglie che si era attivato con il terremoto del 24 agosto e interessa anche la parte meridionale della struttura attivata il 26 ottobre». L’Ingv a proposito del «meccanismo focale» di domenica, cioè di quell’insieme di parametri che misura come si è mossa la faglia valutando l’orientazione, la pendenza del piano di faglia, e la direzione del movimento su di esso, parla di un fenomeno «del tutto simile a quelli dei terremoti precedenti della sequenza, mostrando delle faglie orientate in senso sue sud-est e nord nord-ovest».
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Oltre 180 repliche «L’intersezione del piano di rottura con la superficie – osservano sempre i tecnici dell’Istituto – si colloca in corrispondenza della zona del sistema di faglia del monte Vettore-monte Bove che viene ragionevolmente indicato come il sistema responsabile di quest’ultima sequenza sismica». A complicare ulteriormente il quadro di domenica le numerose forti repliche che sono seguite a quella delle 7.40: fino a mezzanotte secondo i dati dell’Ingv si potevano contare circa 180 scosse pari od oltre magnitudo tre e 17 pari od oltre magnitudo 4; in particolare da registrare quelle di magnitudo 4.6 delle 7.44 e 13.07 e 4.5 delle 8.13 e 14.34.
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Singolare Il fatto che il terremoto di domenica si sia verificato in quella zona viene giudicato come un fatto un po’ «sorprendente» da parte del sismologo dell’Ingv Alessandro Amato: «È un fatto singolare – osserva – che che ricalchi la stessa faglia e che questa non si sia attivata tutta in una volta. Al momento stiamo analizzando i dati delle reti sismiche e quelli raccolti dalle osservazioni sul campo, come lo scalino che si è formato ed è ben visibile sul Vettore, e abbiamo visto che le strutture coinvolte in agosto e oggi si immergono entrambe verso ovest; hanno una struttura simile al punto che potrebbe trattarsi della stessa o di due molto vicine con un andamento comune». Un terremoto che ha provocato una frattura lunga centinaia di metri lungo la costa del monte del Redentore, lungo i Sibillini tra Umbria e Marche. A notarlo, alcune centinaia di metri sotto la cima, sono stati i vigili del fuoco durante un sopralluogo.
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Appennino Quanto allo spostamento del suolo invece, qualcosa di più preciso lo si potrà sapere soltanto lunedì, quando saranno nelle mani degli esperti i dati dei satelliti. Il terremoto di domenica conferma poi come negli ultimi decenni alcuni dei fenomeni più violenti si verifichino proprio lungo gli Appennini: «Da quasi 40 anni – osserva Antonio Piersanti dell’Ingv – sono qui i fenomeni maggiori registrati nel nostro paese. Tutta l’Italia è vulnerabile e a rischio, ma negli ultimi anni e zone a più alta pericolosità del nostro territorio sono l’Appennino centrale insieme a quello centro meridionale, l’arco calabro e la Sicilia orientale. Questo non significa – conclude – che il nostro territorio non sia a rischio: non ci si può fidare dei terremoti».
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I precedenti Guardando indietro nel tempo dati attendibili cominciano a esserci a partire dal Settecento. Numerosi i terremoti che hanno colpito Norcia devastandola insieme a Visso e alle altre località circostanti: in particolare il 12 maggio 1730, quando un sisma per Norcia di nono grado danneggio l’area; poi c’è il sisma del 27 giugno 1719 a Preci e quello del 22 agosto 1859 che raggiunse l’ottavo-nono grado. Il più devastante però fu quello del 14 gennaio 1703, una vera catastrofe per decine di paesi dell’Appennino; Norcia, in quell’occasione, venne rasa al suolo. Ma senza andare troppo indietro nel tempo, i nursini ricordano bene il sisma del 1979 (5.8) e quello del 1997.
Twitter @DanieleBovi