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di Maria Giulia Pensosi 

«Passo troppe ore al giorno davanti al telefono, specialmente su Instagram e Whastapp – questa la testimonianza di una ragazza ternana di 16 anni ai microfoni di Umbria24 -. Mi sembra di perdere la cognizione del tempo e dalla pandemia in poi la situazione è peggiorata». Le nuove tecnologie fanno parte della quotidianità, vita reale e social network, ormai è difficile distinguere questi due piani. L’utilizzo dei social è decisamente aumentato durante la pandemia, specialmente nel periodo del lockdown, lo confermano i risultati dell’indagine nazionale ‘Adolescenti un anno dopo’ realizzata dal ‘Laboratorio adolescenza’ e dall’istituto di ricerca Iard. Dai dati raccolti  emerge che quasi l’80 per cento dei ragazzi al di là del tempo dedicato alla scuola a distanza hanno utilizzato internet, smartphone e social ‘più che in passato’ e il 44,7 percento di questi ha specificato ‘molto più che in passato’. La droga del nuovo millennio, non solo per il ‘quanto’ ma anche per il ‘come’: «Fino a qualche tempo fa prestavo molta attenzione ai like – continua l’adolescente – cancellavo i post se non ottenevano abbastanza feedback e poi li ricaricavo qualche tempo dopo». Per un ragazzo su tre, infatti, un contenuto che genera poche interazioni ha un effetto negativo sull’umore, come emerge dalla ricerca di Skuola.net per ‘Una vita da social’, la campagna itinerante della polizia di Stato.

Giovani e app più usate L‘indagine ‘Adolescenti un anno dopo’ è stata realizzata su un campione nazionale rappresentativo di 10.500 studenti di età compresa tra i 12 e i 19 anni e ha consentito di confrontare abitudini e comportamenti degli adolescenti prima e dopo la pandemia. Dai dati raccolti emerge come l’uso delle nuove tecnologie sia in aumento anche tra i giovanissimi. Nel 2016 infatti erano il 40,6% i bambini con meno di 11 anni ad avere uno smartphone, ma la percentuale è in continua crescita: nel 2019 sono il 60,4 e nel 2021 il 78,1. Cresce anche l’utilizzo dei social da parte degli under 11: nel 2016 il 20,5 percento, nel 2019 il 24,5 mentre nel 2021 siamo a quota 41,8%. «I social ormai fanno parte della quotidianità – racconta una ragazza ternana di 19 anni a Umbria24 -. Whatsapp lo utilizzo ogni giorno per fare quattro chiacchiere o per scambiare informazioni utili, ma comunque il social che utilizzo più di tutti per molte ore è Tiktok. I video sono divertenti ed è difficile staccarsi dallo schermo, ecco perché le nuove tecnologie sono per me come ‘un’arma a doppio taglio’». Come a dire che se da un lato i social mediano la costruzione di relazioni interpersonali reali, dall’altra portano il soggetto ad alienarsi in qualche modo di fronte allo schermo, catturati da immagini che nella maggior parte dei casi hanno l’esclusivo scopo di intrattenere il pubblico. Sempre secondo l’indagine del Laboratorio adolescenza, Whatsapp è utilizzato da quasi la totalità dei giovani, precisamente dal 98,6 per cento mentre Facebook, negli anni, viene utilizzato sempre di meno (33,8 percento nel 2020 contro il 14,7 nel 2021). Tiktok sembra come ‘spopolare’ passando nel giro di un anno dal 28,7 percento al 65,5. Instagram riscontra una lieve cessione, ma comunque è utilizzato da quasi il 90 percento dei ‘ragazzi campione’.

Cyberbullismo Comunicare, scambiare informazioni, passare del tempo, ma non solo. C’è anche chi dei social ne fa una vera e propria arma pronta a ferire: parliamo del cyberbullismo, quelle forme di molestie, aggressioni e discriminazioni che passano attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie. «Bullismo e ricatti, anche questo sono i social e io ne sono stato vittima – la testimonianza di un ventenne ternano a Umbria24 -. Tempo fa parlavo con una ragazza che condivideva foto con me. Quando ho iniziato a farlo anche io sono stato ricattato: ‘Se tu non paghi una certa cifra divulgherò le tue foto online’. Alla fine è andato tutto bene, io non ho ceduto e la questione si è chiusa nel migliore dei modi, ma queste cose sono ormai all’ordine del giorno». Un fenomeno sempre più diffuso verso il quale le istituzioni pongono spesso l’accento per sensibilizzare i ragazzi sulle dinamiche connesse alle forme di bullismo che si possono realizzare attraverso gli strumenti telematici e indicare le possibili tutele. La polizia di Stato proprio in questi giorni è scesa in campo al fianco dei giovani con una campagna educativa itinerante chiamata ‘Una vita da social‘.

Dipendenze Dalla ricerca di Skuola.net per ‘Una vita da social’, però, emergono anche altri fattori interessanti, che spesso i Millennials e la Gen Z tengono ben segreti: «Emerge infatti che un ragazzo su tre, sul proprio social di riferimento, possiede un account falso. Sono circa il 28 percento quelli che dichiarano di averne uno oltre a quello ‘ufficiale’, mentre il 5% è presente ma solo con un fake, principalmente per conoscere gente nuova senza esporsi troppo online (26%), oppure per controllare i propri amici senza che loro lo sappiano (21%) nonché per controllare tutti quelli da cui sono stati bloccati (20%). Non manca chi ricorre ai fake per controllare il proprio partner (10%) o chi cerca di sfuggire dal controllo dei propri genitori (il 4%). Non manca tuttavia uno zoccolo duro, neanche così piccolo, che vive per i like. Per 1 su 3, infatti, un contenuto che genera poche interazioni ha un effetto negativo sull’umore. Mentre il 40 percento, più o meno sporadicamente, è disposto a cancellare un contenuto dalle scarse performance. Su una cosa invece i giovani sono in assoluto accordo: il controllo di chi commenta, condivide o clicca mi piace sui propri contenuti. Solo 1 su 6 dichiara di non farlo mai. Questo perché attraverso la guerra dei like si costruiscono amicizie e rapporti personali: solo il 56 percento è disposto a dare un giudizio positivo ad un contenuto postato da una persona che in genere non ricambia (il cosiddetto ‘like4like’). Mentre sono ancora meno (48%) quelli che non ricorrono mai al ‘like tattico’, ovvero ad una approvazione di un contenuto altrui col solo scopo di farsi notare». Una realtà-non realtà quella dei social che lascia spazio a tante domande: «Forse mi nascondo dietro ad uno schermo perché solo così riesco ad essere realmente me stessa – queste le paure che racconta una 25enne ternana a Umbria24 – perché se ho tanti like sono più accettata dai miei coetanei o forse è semplicemente una dipendenza, d’altronde i social sono la droga del nuovo millennio». Un vero modo di essere quindi quello online che però a volte si scontra bruscamente con la realtà.

@mariagiulia.pensosi

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