di Enzo Beretta
Secondo un’indagine dell’Harvard Medical School di Boston sui ricoveri di over 65 quando il medico è donna le terapie sono più efficaci e per il paziente sono minori i rischi di ricadute. Le vicende cliniche condotte Oltreoceano su 1.583.028 ultrasessantacinquenni, pubblicate sul Journal of American Medical Association, hanno portato i ricercatori a scoprire una diminuzione della mortalità del 4 per cento e di recidiva del 5 per cento al cospetto di infezioni e polmoniti, a seconda che il paziente fosse seguito da un medico uomo o donna. Ciò sarebbe spiegato proprio dal modo «femminile» di fare medicina: le donne sono attente, meno frettolose e ascoltano di più i malati intrattenendo con loro un rapporto di maggior empatia rispetto agli uomini. Insieme alla cartella clinica, ai referti, agli esami e alle consulenze le dottoresse si interessano anche di altre questioni – il quartiere in cui vive il paziente, con chi abita, come mangia – utili a costruire un puzzle più completo di informazioni per tracciare il percorso verso la strada della guarigione.
I dati in Umbria: 45,6 per cento donne La ricerca portata avanti dal 2011 al 2014 dallo staff di Yusuke Tsugawa non si può sovrapporre alla realtà italiana: attraverso gli uffici stampa delle aziende sanitarie, in ogni modo, siamo riusciti ad ottenere i numeri delle donne medico nella nostra regione che, come tutte le altre, negli ultimi decenni ha assistito ad una ‘femminilizzazione’ della professione. In Umbria si contano complessivamente 2.413 medici: 1.100 donne, 1.313 uomini. Le dottoresse in camice bianco rappresentano il 45,6 per cento del totale ma in nessuna delle quattro aziende sanitarie superano i dottori.
Perugia e Terni All’ospedale di Perugia sono 268 contro 316 maschietti, con un netto distacco tra gli universitari (46 donne, 74 uomini). In corsia, invece, il gap è minimo: 222 dottoresse e 242 dottori. Poco meno del 9 per cento. A Terni il rapporto è più netto: due donne ogni tre uomini. Tra gli ospedalieri, compresi i reparti ‘rosa’ per antonomasia come pediatria, 168 dottoresse si confrontano quotidianamente con 228 medici. Quattro, invece, le ospedaliere e 13 gli ospedalieri. Alla Asl Umbria 2 – che comprende gli ospedali di Foligno, Spoleto, Norcia, Cascia, Orvieto e Amelia – prestano servizio 747 medici in tutto: 392 uomini, 355 donne. Alla Usl Umbria 1 – Branca, Castiglione del Lago, Pantalla, Città della Pieve e Città di Castello – le rappresentanti del gentil sesso sono 305 al cospetto di 364 gli uomini.
Il decalogo Senza distinzioni di sesso secondo la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e odontoiatri il medico in Italia nei prossimi anni dovrebbe essere: 1) proattivo nell’affrontare l’innovazione, partendo dalle proprie radici; 2) detentore di competenze professionali che continuamente sviluppa e mantiene aggiornate; 3) detentore di un metodo scientifico e attento alla produzione di nuove conoscenze; 4) attento alla dimensione etica quotidiana della professione, partendo dall’adesione alle pratiche raccomandate e sostenute da evidenze scientifiche; 5) capace di esercitare una leadership professionale rispetto a colleghi, professionisti, pazienti e persone assistite; 6) cosciente del proprio ruolo sociale e politico: il fatto di poter intervenire sulla salute e sulla vita conferisce un “potere” di “tutela e protezione” (advocacy); 7) cosciente di essere un attore economico: determina e gestisce risorse economiche ingenti; 8) capace di ascoltare e comunicare con la persona nel bisogno in un’unica e irripetibile relazione; 9) capace di tenere conto della dialettica tra risposta alla singola persona e quella alla comunità (Public Health); 10) attento a perseguire il miglioramento continuo proprio e dell’organizzazione in cui è inserito, oltreché a dimostrarlo.
È possibile avere la bibliografia barra sitografia di questo articolo? In particolare dello studio dell Harvard Medical School. Grazie, buon lavoro.