Antonella Mencacci

di Chiara Fabrizi

«Va fortemente considerata la vaccinazione in età pediatrica, specie mettendo assieme sia il rischio, seppur decisamente raro, di patologia grave o addirittura fatale, che i dati sulla sindrome infiammatoria multisistemica e quella piccola percentuale di bimbi che sviluppano il long Covid, oltre agli aspetti correlati al rischio di interrompere la didattica in presenza e l’impatto sulle attività socializzanti, ludico e ricreative». Lo ha detto il prof Franco Locatelli intervenendo al confronto organizzato dal Post di Perugia alla vigilia dell’avvio delle vaccinazioni in Umbria dei bimbi di età compresa tra 5 e 11 anni. Con lui la prof di Microbiologia dell’Università di Perugia, Antonella Mencacci, che ha evidenziato come in Umbria l’incidenza settimanale mobile dei bimbi in età da scuola primaria sia quasi dieci volte superiore a quella riscontrata tra gli over 80.

Incidenza 6-10 a 455 «Quest’estate il dato regionale di tutta la popolazione girava intorno a 20 casi su 100 mila abitanti e oggi è 146, ma per gli ultraottantenni è inferiore a 50, mentre per la fascia 6-10 anni si raggiunge quota 455 e per quella 11-13 anni 318: la dicotomia è netta» ha detto Mencacci, aggiungendo che «aumentando così tanto l’incidenza tra i bimbi aumenteranno quei casi gravi che, seppur rari in questa classe di età, ci dobbiamo comunque aspettare». Specificatamente anche la prof parla «sindrome infiammatoria multisistemica, di casi che necessiteranno di supporto respiratorio e anche casi di long Covid, che per un bimbo significa impossibilità di tornare anche per molti mesi a una vita normale, perché sarà stanco, non potrà fare sport, non si concentrerà a scuola». La docente ordinaria dell’Università di Perugia ha voluto, poi, segnalare «l’esperienza sempre più frequente di bimbi che si presentano al Pronto soccorso pediatrico di Perugia con sintomi respiratori non gravi, finora abbiamo avuto un solo caso grave, che hanno una co-infezione da Covid e virus respiratorio sinciziale, che complica il decorso».

«Siamo preoccupati» La prof ha anche ricordato come «da ottobre in Umbria l’incidenza dell’infezione sia aumentata in maniera crescente, ma da inizio di dicembre – ha detto – la curva sta salendo in modo molto molto rapido», creando «molta preoccupazione sia nel Comitato tecnico scientifico dell’Umbria che del Nucleo epidemiologico regionale, perché – ha proseguito – abbiamo imparato che quando aumentano i casi, con un ritardo di due settimane, aumentano i ricoveri, anche in terapia intensiva, e purtroppo pure i decessi, che speriamo siano contenuti dalla vaccinazione. Non va poi dimenticato – ha concluso – che quando i casi sono i tanti salta il contact tracing, con il virus che ha la meglio sulla nostra capacità di contenerlo e sappiamo che più il virus si diffonde più muta, più muta e più è difficile combatterlo».

Covid e bambini: i dati dell’Iss A relazionare sul vaccino nell’incontro organizzato dal Post di Perugia guidato dall’avvocato Francesco Gatti è stato il coordinatore del Comitato tecnico scientifico nazionale, che ha ricordato come «i dati per la fascia di età 6-11 anni sviluppati dall’Istituto superiore di sanità a metà novembre ci raccontavano di poco più di 240 mila contagi, 1.407 ricoveri, 36 ammissioni in terapia intensive e purtroppo nove decessi. Sappiamo – ha proseguito – che la maggior parte dei casi sono asintomatici o con sintomi lievi, ma l’età pediatrica si connota per una particolare complicanza, chiamata sindrome infiammatoria multisistemica, che ha un’incidenza compresa tra lo 0,5 e il 3 per cento di coloro che hanno avuto una diagnosi di Covid in quella fascia di età. Quello che è importante sapere – ha spiegato Locatelli – è che la sindrome è caratterizzata da una iper infiammazione, si sviluppa tra le due e le sei settimane dopo l’infezione da Covid e fino ai due terzi dei pazienti che la sviluppano hanno una compromissione delle condizioni generali tali da richiedere il ricovero in terapia intensiva».

Sindrome, long Covid e aspetti correlati Locatelli ha anche invitato a «tenere in considerazione un’altra osservazione scientifica: in età pediatrica c’è la possibilità che in una proporzione di bambini, che uno studio del Regno Unito quantifica al 7-8 per cento, vi sia un trascinamento della sintomatologia collegata all’infezione da Covid, che abbiamo imparato a conoscere come long Covid, con sintomi del tutto simili a quelli dell’adulto, che includono stanchezza, cefalea, insonnia, difficoltà di concentrazione, dolori muscolari e tosse». Per Locatelli sul piatto va messo anche che «l’infezione da Covid impatta su frequenza scolastica in presenza oltreché su attività sociali, ludico, ricreative, che indubitabilmente – ha detto – possono avere un impatto deprimentale sulla strutturazione della personalità dei bimbi». In questo quadro, per il prof «mettendo assieme il rischio, sottolineo per quanto decisamente raro, di patologia grave o addirittura fatale, mettendo assieme i dati su sindrome infiammatoria multisistemica e pure quella piccola percentuale di bimbi che sviluppano il long Covid, con gli aspetti correlati al rischio di interrompere la didattica in presenza e l’impatto sulle attività socializzanti, ludico e ricreative, credo che esista – ha concluso – un forte razionale per considerare anche in età pediatrica la possibilità di vaccinare i bimbi».

Effetti collaterali Sulla vaccinazione Locatelli ha citato «la pubblicazione resa disponibile dalla più prestigiosa rivista di medicina, cioè il The New England Journal of Medicine, in cui si vede chiaramente come a quattro mesi di distanza dalla somministrazione l’efficacia vaccinale nei bimbi è stimabile nell’ordine del 91 per cento», mentre sugli effetti collaterali il prof dice «con lo studio clinico sui circa 3 mila bimbi si è dimostrato in maniera molto chiara come, rispetto ai bimbi che avevano ricevuto il placebo, chi ha ricevuto il vaccino ha avuto un’incidenza di effetti collaterali solo locali, ossia dolore nel sito di iniezione, qualche volta arrossamento e ancor più raramente tumefazione». Infine, sempre sugli effetti collaterali, Locatelli ha voluto toccare il tema «dello sviluppo delle miocarditi che sono state riportate nei giovani adulti e nei tardo adolescenti, ma che nello studio sui bimbi 6-11 anni e ancora di più dalle evidenze che ci derivano dall’impiego reale, come negli Stati Uniti dove sono stati vaccinati 3 milioni di piccolo, è bassissimo per non dire assente».