Il dissidente libico Salem Bunuara

di Maurizio Troccoli
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La notizia ha conquistato la prima pagina di tutti i giornali nazionali: ‘Il premier ribelle scappa da Tripoli dopo l’arrivo del nuovo capo del governo voluto dall’Onu’.

Il dissidente, l’intervista «Ora tutti scappano da Tripoli perchè hanno capito che questa volta si fa sul serio», lo conferma Salem Bunuara, dissidente della dittatura di Gheddafi,  da 40 anni a Perugia, da quando la ‘rivoluzione verde’ del colonnello ha spazzato via il re e i suoi sostenitori (lui è figlio di un ex ministro dei Lavori pubblici). Bunuara, ora considerato tra gli intellettuali all’estero che devono favorire il processo di istituzionalizzazione della nuova Libia, commenta le informazioni trapelate nelle ultime ore da Tripoli e  rivela particolari che gli giungono dai suoi contatti, mentre – spiega – alcuni «miei amici di infanzia sono oggi componenti dell’attuale classe dirigente legittimata dall’Onu, come il ministro della giustizia che è stato mio compagno di scuola».

Il premier ribelle in fuga Le notizie pubblicate da vari organi di stampa nazionale vedono il ‘presidente ribelle’ del governo di Tripoli, Khalif A Ghwel, in fuga, dopo l’insediamento del premier voluto dall’Occidente Fayez Serray. Contariamente a quanto ipotizzato l’insediamento, almeno fino ad ora, non ha scatenato la ribellione di chi a Tripoli ha comandato fino a oggi. Bunuara lo conferma: «Il presidente ribelle di Tripoli Khalifa Ghwell è scappato, ma non è il solo, stanno scappando tutti. Anche il presidente del Parlamento (Nouri Abusahmin ndr.) è scappato e diversi altri personaggi a loro vicini. Hanno capito che ora si fa sul serio».

Il nuovo premier Per provare a mettere ordine nello scenario caotico della Libia di oggi, va chiarito che il nuovo premier Fayez Serraj è l’uomo su cui l’Occidente, qindi l’Italia, l’Inghilterra, in generale L’Europa e l’America hanno riposto la speranza. E’ sarpato dalla Tunisia a bordo di una motovedetta ed è arrivato a Tripoli dove si è stabilito nella base navale insieme ad alcuni dei suoi nuovi 18 ministri, non essendo potuto arrivare in aereo visto il rischio che gli è stato segnalato dalla contraerea.

Come è divisa oggi la nazione La Libia è nata nel ’34, sotto la colonizzazione italiana, ed è stata una nazione unita solo da allora. Oggi sessanta milizie di Misurata sostengono Serraj, l’organizzazione che sembra contare in maniera significativa ovvero il gran consiglio degli anziani che sarebbero, a detta dei media locali, coloro che avrebbero detto al premier oppositore Ghwel di abbandonare il campo e che avrebbero anche bloccato le proteste a Tripoli. La Libia, è fondamentalemente ancora un paese diviso in due, per evitare i dettagli delle centinaia di milizie e di etnie che la popolano e se la contendono. Nel senso che due sono stati, fino a oggi, dal dopo Gheddafi, i governi che si sono spartiti l’area Est e quella a Ovest del Paese, Cirenaica e Tripolitania, visto che il Fezan (a Sud-Ovest, è fondamentalmente deserto). Il primo con sede a Tobruk e l’altro a Tripoli. Mentre, sulla costa, vicino ai terminali petroliferi, ci sono milizie dell’Isis. Il governo di Tripoli, ha goduto della protezione armata degli uomini di Khalif A Ghwell, non riconosciuto dalla comunità internazionale e sostenuto dalle milizie islamiche. Il governo di Tobruk, invece, considerato governo provvisorio, è sostenuto da Abdallah El Theni, e affiancato dal generale Khalif A Haftar, ministro della Difesa e capo di stato maggiore della Cirenaica.

Ma cosa è cambiato adesso? «Quello che c’è di nuovo ora – dice Bunuara – è che sia la popolazione che i vari gruppi armati, sanno che si fa sul serio. Ci sono soldati veri, mandati dai paesi occidentali e la gente in Libia sa che se qualcuno si muove lo fulminano all’istante. Prima chiunque aveva 30 persone armate faceva la voce grossa, ora sanno che appena si muovono sono bruciati». Sul ruolo dell’Italia, Bunuara dice che «anche se non lo fa sapere, per quanto mi risulta, è presente sul territorio e anche in maniera significativa. E’ vero – aggiunge – il parlamento di Tobruk si è espresso in maniera contraria al nuovo governo legittimato dalla comunità internazionale e ha fatto circolare l’idea, condivisa da alcune parti della popolazione, che si tratta di un governo imposto dall’esterno. Ma questi politici lo fanno esclusivamente per non perdere i loro privilegi. Bene ha fatto la comunità internazionale a minacciarli su quello a cui più tengono, i soldi all’estero. Insomma il messaggio è arrivato forte e chiaro, sanno che i loro conti che ora sono in Turchia, in Inghilterra, a Cipro, saranno messi sotto controllo, saranno bloccati, se qualcuno ha in testa di dare fastidio, di bloccare il processo che sta avvenendo in Libia».

L’avanzata dell’Isis Bunuara prova a disegnare la geopolitica attuale: «I combattenti del sedicente stato islamico sono nell’area di Sirte, possiamo parlare di circa 8mila uomini, prevalentemente mercenari stranieri, provenienti da Sudan, Tunisia, Yemen, che fino a oggi hanno combattuto per 400 dollari al giorno ma oggi sono disposti a combattere per 200. Mentre a Tripoli, per dare l’idea, c’è ancora un tale Sadiq Al Garyani, che è il Mufti della città, un’autorità religiosa (che ha il potere anche di emanare una fatwa ndr.), comunque un anziano con un certo potere e tanti soldi in Inghilterra, che palesemente incita alla violenza e predica a favore dello stato islamico. Fino a ieri ha anche utilizzato un canale televisivo che si chiama Al Nabaa che gli è stato oscurato. Bengasi è pressoché ripulita, gli uomini del Califfato erano relegati nella fabbrica del cemento ma sono scappati come i topi, mentre Misurata, dove esiste ancora un forte gruppo di ‘comemrcianti’ molto ricchi e bene armati che dialogano e favoriscono, complici i fratelli musulmani, l’avanzata di questi combattenti, dicevo: Misurata ha persino chiesto una sorta di corridoio umanitario per fare scappare questi soldati mercenari del ‘Daesh’ in fuga, ma la stessa gente del posto si è ribellata. Mi risulta che di questi ne sono morti molti».

Il presidente Fayez Serray compie le prime mosse Il nuovo governo non ha ricevuto il voto dai due parlamenti libici. Le istituzioni libiche sono da costruire da zero in un contesto nel quale la popolazione è resistente e una miriade di tribù fino a oggi ha scatenato guerre intestine. L’inviato speciale dell’Onu per la Libia, Martin Kobler, oltre ad avere spiegato come contro l’avanzamento dell’Isis non ci sia altra soluzione che quella armata, per innescare la quale c’è bisogno di un governo unitario legittimato a chiedere la fine dell’embargo per gli armamenti, ha anche chiarito che il parlamento di Tobruk non può più reiterare i tempi oltremodo per il riconoscimento del nuovo governo, rispetto al quale non esiste un piano B. Tradotto: non dovesse arrivare il voto, si procede comunque. Dai media libici si apprende che intanto il nuovo governo, oltre ad avere messo le mani sui computer e i file degli uffici del ‘premier ribelle’ del governo di Tripoli in fuga, ha incontrato rappresentanti di numerose municipalità di Tripoli e di altre importanti realtà territoriali del paese, come 10 città costiere libiche oltre che Saddek Elkaber, il governatore della banca centrale libica, per cominciare a costruire il primo livello istituzionale della Libia appoggiata dalla Comunità internazionale. Se a Tripoli quello che è stato fino a oggi il capo del Governo della ‘Tripolitania’ scappa, al capo del governo della ‘Cirenaica’, Abdallah El Theni, è arrivato il messaggio del «tempo scaduto».