Un treno Fcu

di Dan. Bo.

Tornano i treni lumaca lungo i 153 chilometri della ormai ex Fcu. Da giovedì mattina infatti è in vigore il nuovo limite di velocità che è di 70 chilometri orari da Sansepolcro a Terni. La decisione è stata presa da Busitalia «a seguito di ulteriori prescrizioni da parte dell’Agenzia nazionale della sicurezza delle ferrovie – informa l’azienda di trasporti – con nota del 19 ottobre». Umbria mobilità dunque, che è ancora il gestore della rete ferroviaria Sansepolcro-Perugia-Terni, «in vista dell’adeguamento della propria infrastruttura agli standard in vigore sulla rete nazionale – spiega sempre Busitalia – ha disposto la riduzione della velocità massima dei treni a 70 km/h a decorrere da oggi 20 ottobre». Una notizia che non farà per nulla piacere ai pendolari dato che «la limitazione comporta un aumento di alcuni tempi di percorrenza con possibili conseguenze sulla regolarità dei servizi svolti da Busitalia Umbria». Al contempo, la società promette che «adotterà tutte le azioni volte a ridurre per quanto possibile i disagi per la clientela».

Il caso Il problema è scattato dal 1 ottobre, quando, a seguito dell’entrata in vigore del Decreto ministeriale del 5 agosto (successivo all’incidente ferroviario in Puglia), Umbria mobilità, al pari di tutte le ferrovie regionali interconnesse alla rete nazionale, si è dovuta adeguare alle prescrizioni dell’Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria. Tra queste, il limite di marcia nei giorni scorsi era di 50 km/h e con obbligo di sosta a ogni passaggio a livello non custodito. Queste misure hanno causato disagi fortissimi ai viaggiatori, con ritardi di decine di minuti per pochi chilometri e senza che sia stato possibile chiedere rimborsi. I treni sono tornati a velocità normale (90 chilometri orari) dal 9 ottobre, fino al nuovo rallentamento di giovedì.

La lettera Al centro della nuova comunicazione dell’Agenzia c’è la necessità di redigere il documento di valutazione dei rischi, senza il quale i convogli devono tirare il freno a mano. Una procedura, quella per realizzare la valutazione, lunga e complessa. La nuova comunicazione è arrivata mercoledì nel tardo pomeriggio come un fulmine a ciel sereno e ha mandato in subbuglio tantissime aziende dei trasporti, tanto che da qui a breve le Regioni si uniranno per far sentire la loro voce e chiedere al governo di togliere questo macigno dai binari delle ferrovie regionali. L’Umbria da parte sua con il piano di mitigazione dei rischi aveva già messo mano alla materia, prendendo una serie di accorgimenti come il secondo operatore in cabina e il rallentamento nei pressi dei passaggi a livello che, questo l’auspicio, si ritenevano sufficienti. E invece no.

Disappunto In una nota arrivata nel corso del pomeriggio l’assessore regionale ai trasporti Giuseppe Chianella definisce la situazione «paradossale» e spiega che «nei prossimi giorni assumeremo le più idonee iniziative, in raccordo con le altre Regioni interessate, per porre fine a questa situazione». Secondo Chianella la Fcu «dispone di standard di sicurezza più che accettabili, di gran lunga superiori alla maggioranza delle reti regionali non interconnesse». «Si tratta di una scelta incomprensibile e fortemente pregiudizievole per il trasporto ferroviario – dice poi – che poteva e doveva essere evitata e di cui la Regione, Umbria Mobilità e Busitalia, non hanno alcuna responsabilità».

Norme troppo rigide Nel merito della vicenda Chianella sostiene che «l’improvvisa decisione dell’Agenzia riapre una questione che crea disagi agli utenti del servizio e ciò dopo il buon lavoro compiuto in queste settimane in stretto raccordo con l’agenzia stessa e il Ministero dei trasporti. Un lavoro che aveva portato all’adozione di specifiche misure per migliorare la sicurezza dell’infrastruttura da parte di tutti i gestori italiani. Faccio molta fatica a capire la necessità di assoggettare la nostra regione a norme così rigide, concepite per rendere possibile l’interoperabilità delle reti ferroviarie e per creare uno spazio ferroviario europeo unico. Ricordo che il decreto legislativo 112 del 2015 aveva stabilito che “alle reti ferroviarie locali e regionali isolate adibite al trasporto passeggeri ed alle imprese ferroviarie che esercitano unicamente servizi di trasporto urbano, extraurbano o regionale”, non si dovessero applicare norme così rigide concepite per l’alta velocità e che passano o arrivano in un nodo della rete ferroviaria nazionale, nel nostro caso il collegamento alla stazione di Terni e il transito per quella di Ponte San Giovanni».

Twitter @DanieleBovi

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