di Anna Sanità

Il 15 marzo si è celebrata la Giornata nazionale del fiocchetto Lilla, dedicata ai disturbi del comportamento alimentare. Questi ultimi, in particolare l’anoressia, la bulimia e il binge eating (l’alimentazione incontrollata), sono un problema di sanità pubblica e oggetto di attenzione sanitaria e sociale per la loro diffusione. Sono patologie severe che, secondo i dati presenti sul sito del Ministero della Salute, riguardano in Italia quasi tre milioni di persone. Inoltre, occorre sottolineare come nel 2019 sono decedute in Italia 2.980 persone con diagnosi correlate a disturbi alimentari, anche se in riferimento a questo dato si evidenzia una diminuzione.

Età media più bassa «L’età media dei ragazzi e delle ragazze colpite dalle varie patologie – spiega a Umbria24 la dottoressa Laura Dalla Ragione, medico psichiatra direttrice dei centri Dca di Todi, Città della Pieve e Umbertide – si è abbassata: nella struttura di Todi, infatti, il 60 per cento dei membri sono sotto i 14 anni. Mentre a Città della Pieve, l’età media, più alta, è intorno ai 35 anni. Nel presidio ospedaliero di Umbertide invece, ci sono anche ricoveri di bimbi compresi tra i cinque e gli undici anni, quindi c’è una prevalenza di minori». «Per quanto riguarda, invece, la prevalenza del sesso – continua – Dalla Ragione – è maggiore quella femminile che raggiunge circa l’80 per cento, anche se il sesso maschile è comunque aumentato, tant’è che è arrivato a raggiungere il 20 per cento; per quest’ultima categoria in particolare sono cresciute soprattutto le categorie tra i 12 e i 17 anni, quindi l’età adolescenziale e pre adolescenziale».

Le cause Per quanto riguarda le cause di questi disturbi, la dottoressa osserva che «non ne esiste una unica. Essendo questa una patologia multifattoriale, quindi di più facile coinvolgimento, c’è una concomitanza di fattori sociali, psicologici, biologici e generali che interagiscono tra loro e possono favorire la comparsa e il perpetuarsi del disturbo». Dalla Ragione aggiunge poi che a influire sono anche «gli stereotipi della società in generale, dei social e soprattutto della moda. C’è infatti enfasi e idealizzazione della magrezza; stereotipi di bellezza irreali, propaganda di messaggi insidiosi dell’industria della dieta e del benessere, oltre alla proposta di modelli alimentari restrittivi».

La rete Tutto ciò spiega perché il trattamento deve avvenire a più livelli, con un’equipe multidisciplinare di professionisti. Ed è questo ciò che avviene nelle strutture della rete ospedaliera dall’Usl Umbria 1, caratterizzata dal fatto che all’interno di queste ultime vengono utilizzati meno gli psicofarmaci a favore di un approccio su più piani, da quello nutrizionale a quello psicologico. Il primo centro della rete aperto in Umbria, nel 2003, è stato quello di Todi, a Palazzo Francisi; nel 2008 è nato poi quello di Città della Pieve, il «Centro Dai» per obesità e disturbo da alimentazione incontrollata. Quattro anni dopo è arrivata una seconda struttura a Todi, il Centro diurno Dca «Il nido delle rondini». L’ultima è nata nel 2013 a Umbertide, con l’ambulatorio Dca, l’unica in cui sono ricoverati minori con problemi psichiatrici. In ognuno di essi lavorano diverse equipe fatte di psicologi, psichiatri, educatori, specialisti in nutrizione clinica e scienza dell’alimentazione, infermieri, assistenti sociali, amministrativi e così via.

La pandemia Un impatto su questo tipo di disturbi ovviamente l’ha avuto anche la pandemia: «Dopo il lockdown – sottolinea Dalla Ragione – c’è stato un aumento del 30 per cento delle persone affette da questi disturbi, e le conseguenze sono ben visibili anche oggi». «Dai disturbi alimentari però – continua – si può guarire. Per farsi aiutare si può anche contattare il primo numero verde nazionale sui disturbi alimentari gestito dell’Azienda sanitaria di Perugia, cioè l’800180969». «Un qualunque tipo di aiuto – conclude – si deve chiedere appena si intravedono segnali di malessere, di qualsiasi tipo, nonostante possa essere difficile individuare i primi sintomi».