di Daniele Bovi
Un paio di nuovi ingressi, fuori tutti i Comuni occidentali dell’Umbria e alcuni dell’Alto Tevere mentre rimarrebbero sostanzialmente quelli della fascia appenninica. Se si applicano alla cartina dell’Umbria i nuovi criteri di classificazione dei Comuni montani, proposti nei giorni scorsi dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, le conseguenze sono sostanzialmente quelle visibili nella mappa di Umbria24, che mostra i nuovi ingressi (Spoleto e Trevi), i Comuni che escono dalla lista, quelli che ci rimangono e quelli che già in precedenza non erano classificati come montani (cliccando su ogni singolo Comune sono a disposizione anche i dati su altimetria e superficie).
Cosa cambia L’intenzione del governo è quella di rivedere in modo uniforme a livello nazionale e i criteri che definiscono un Comune montano, riducendo il numero complessivo dei territori riconosciuti (nel complesso si passerebbe da circa 4.000 a 2.800 e, in Umbria, da 69 a 32). La proposta punta soprattutto su parametri fisici: quota del territorio sopra una certa altitudine, pendenza del suolo e, in via residuale, la collocazione geografica rispetto ad altri Comuni montani. Nelle scorse ore, il ministro Roberto Calderoli si è detto pronto a dialogare proponendo dei correttivi e l’occasione arriverà già lunedì 22, quando è in programma un incontro con le Regioni. Durante quello che si è tenuta mercoledì l’intesa non c’è stata: Umbria ed Emilia Romagna hanno picchiato duro ma anche Regioni in mano al centrodestra, come Abruzzo e Marche, non hanno mostrato il semaforo verde.
La legge Il punto di riferimento normativo è la nuova legge 131, approvata a settembre e dedicata allo sviluppo e alla valorizzazione delle zone montane. La legge, però, rinvia a successivi decreti attuativi per la definizione degli aspetti operativi e, tra questi, anche dei criteri di classificazione dei Comuni montani, sui quali si inseriscono le proposte avanzate dal ministro Calderoli. La questione va ben oltre la tassonomia: in ballo ci sono fondi, agevolazioni e politiche ad hoc per le zone montane, già in sofferenza tra carenza di servizi e spopolamento.
Le misure In primis c’è il famoso Fosmit, il Fondo per lo sviluppo delle montagne italiane che rappresenta il principale serbatoio economico per il settore: dal 2022, dopo aver assorbito altri Fondi, viene finanziato con risorse statali e per il triennio 2025-2027 metterà a disposizione 200 milioni di euro per sostenere interventi di diverso tipo e progetti presentati anche dagli enti locali e dalle Regioni. La legge 131 prevede poi un pacchetto di misure fiscali e incentivi mirati volti a combattere lo spopolamento e a stimolare sviluppo economico e servizi; per esempio si parla di credito d’imposta per chi acquista o ristruttura una casa, mentre chi lavora nella sanità o nella scuola potrà beneficiare di un credito d’imposta per l’acquisto di una casa o per l’affitto, oltre che di punteggi aggiuntivi nelle graduatorie. Tra le misure anche gli incentivi per imprese agricole e forestali, per nuove imprese giovanili e anche per la natalità. Centrale il capitolo della legge che riguarda la tutela e lo sviluppo dei servizi essenziali e la protezione dell’ambiente. Insomma, la battaglia va ben oltre la terminologia.
