di Daniele Bovi

Gli affitti pagati dalle migliaia di famiglie residenti nelle case popolari dell’Umbria rimarranno “congelati” per tutto il 2023. A stabilirlo è stata la giunta regionale nel corso della seduta di mercoledì, scrivendo così l’ennesima puntata di una vicenda che va avanti ormai dall’inizio del 2019, cioè da quando la precedente giunta (con un voto all’unanimità del consiglio regionale) ha varato il nuovo regolamento che ha introdotto l’Isee al posto del reddito come metodo per il calcolo dei canoni.

Tutto fermo A partire da luglio sarebbe terminato il regime transitorio sulla base del quale, dal 2019 a oggi, è stata fissata un’oscillazione massima degli affitti (in aumento o in diminuzione) del 10 per cento. A quel punto sarebbe scattato il nuovo metodo di calcolo contestato in modo molto duro nel corso degli anni dai sindacati degli inquilini, secondo i quali moltissime famiglie sarebbero state danneggiate a causa dei rincari. E così per ora il meccanismo si ferma nel «timore che possano derivare – scrive la giunta – pesanti conseguenze economiche per le famiglie, specie in un periodo storico come quello attuale».

Simulazioni Le simulazioni sull’impatto del nuovo metodo fatto nel 2019 era stato realizzato sulla base dei dati risalenti all’anno prima; da allora, tra pandemia, crisi, guerra e rincari, lo scenario è ulteriormente cambiato incidendo in modo ancora più duro «nella fascia più debole della popolazione, categoria su cui si concentra l’utenza Ater» come ha scritto l’Agenzia stessa settimane fa in una lettera inviata alla Regione. Entro aprile Ater provvederà ad aggiornare la banca dati e solo dopo, con i nuovi numeri alla mano, sarà possibile capire il reale impatto sulle famiglie; a quel punto la palla passerà di nuovo alla giunta.