Mercoledì si è tenuto presso l’aula magna del Dipartimento di Scienze agrarie alimentari e ambientali dell’Università degli Studi di Perugia il primo di tre seminari tecnici dedicati a casi studio su filiera ovina, allevamento avicolo e orticoltura tra Italia e Africa a cura di Tamat e dello stesso Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali – DSA3 dell’ Università degli Studi di Perugia per il calendario accademico 2019-2020: “Si può fare: la cooperazione internazionale a tutte le latitudini”.
La presentazione Questo primo appuntamento, al quale hanno portato i saluti il rettore dell’Università degli Studi di Perugia Franco Moriconi e il direttore Francesco Tei, ha visto la partecipazione di docenti e studenti ed è stato incentrato sulla presentazione del progetto zootecnico di cooperazione Italia-Tunisia di cui Tamat è capofila, co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo, “Berberina in Tunisia”, progetto sulla razza ovina Berberina che punta alla realizzazione di una struttura cooperativa collettiva per 50 giovani allevatori con un focus su empowerment femminile. I beneficiari del progetto, frutto di un partenariato pubblico e privato per un modello di sviluppo inclusivo in contesto rurale a forte propensione migratoria del governatorato di Sidi Bouzid, sono 25 donne e 25 uomini della Comunità di Jmel – Municipalità di Faidh.
I mutamenti climatici I lavori sono stati introdotti da Piero Sunzini, direttore generale di Tamat, e dal professore Fabio Maria Santucci del DSA3 con delega per la cooperazione internazionale. Per il professor Santucci quella del 30 ottobre è stata l’occasione per una riflessione sulle sfide dei mutamenti climatici per agricoltura e allevamento a partire dai contenuti della piattaforma dell’Agenda 2030. Proprio su queste prospettive e su azioni lunghe, integrate e concertate, Piero Sunzini ha chiamato in causa il ruolo di istituzioni, Osc, università e del settore privato nei progetti di cooperazione internazionale per modelli efficaci ed efficienti di crescita e sviluppo. Il coordinatore per Tamat del progetto Francesco Maria Lorenzini ha sottolineato i punti di forza del progetto: modello sostenibile e inclusivo e partenariato multi-attore.
I lavori Su queste premesse si sono mossi i contributi di Claudia Braconi dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo, di Naziha Dridi, direttrice Ufficio allevamento e pascoli del Ministero dell’Agricoltura della Tunisia, che ha delineato un quadro dettagliato sull’allevamento ovino in Tunisa per la competitività della filiera, e di M’naouer Djemali, professore di genetica animale Istituto nazionale agronomico della Tunisia (INAT), che si è soffermato più volte sul valore del progetto, della cooperazione internazionale e di interventi concreti di sviluppo volti a valorizzare le specificità di territori e delle loro comunità grazie alla filiera agricola e zootecnica attraverso la ricerca, l’alta formazione e modelli innovativi di gestione.