Un medico

di Daniele Bovi

Procedure farraginose, programmazione carente, investimenti insufficienti, stimoli e incentivi che mancano e non solo. Sono questi alcuni dei motivi della carenza di medici di medicina generale, che interessa l’Umbria come le altre regioni italiane; un problema vissuto sulla propria pelle da migliaia di umbri. Alla fine di aprile sul Bollettino ufficiale della Regione è stato pubblicato l’avviso relativo all’assegnazione degli ambiti territoriali rimasti senza medici di base: in tutto 82 posti tra Usl 1 (43) e Usl 2 (39) dei quali, passati i 30 giorni per depositare le domande, ne sono rimasti scoperti 55, quasi il 70%.

Posti scoperti Nell’Usl 1, per citare alcuni casi, cinque medici mancano nel Centro di salute tre del Distretto del Perugino, tre nel Centro di salute due, altrettanti nel Comune di Gubbio, tre anche a Città di Castello, due Umbertide e Bastia Umbra e via via tutti gli altri, da San Giustino ad Assisi fino a Marsciano, Deruta, Collazzone, Fratta Todina, Castiglione del Lago e Città della Pieve. Altri 27 mancano all’appello nell’Usl 2: quattro a Spoleto, sette fra Terni e Stroncone, due tra Baschi e Montecchio e via di seguito, da Norcia a Spello, fino a Foligno, alcuni Comuni della Valnerina, del Narnese, dell’Amerino e dell’Orvietano.

Procedure farraginose Per questi 55 posti ci sarà tempo fino al 23 settembre per presentare le domande ma le somme sarà possibile tirarle, indicativamente, solo a fine novembre. «Questa è una partita che si gioca in tre tempi – dice a Umbria24 Alfredo Budelli, dell’area Risorse umane dell’Usl 1 – con norme nazionali contorte e farraginose». Le Usl devono pubblicare tre avvisi: dopo il primo, scaduto a fine maggio, il secondo è aperto anche a chi è nelle graduatorie di altre regioni o a chi possiede solo il titolo di formazione in medicina generale; «la novità dell’anno scorso – prosegue Budelli – è quella che il terzo avviso potrà essere aperto anche ai medici che stanno frequentando il corso triennale di medicina generale, magari pure a quelli del primo anno». Una procedura che si dovrebbe concludere a fine novembre.

Pensionamenti I medici possono rimanere a lavoro fino a 70 anni, con la possibilità di lasciare anche prima: «Quotidianamente – racconta Budelli – registriamo cessazioni; tanti partono e pochi entrano. Con la cattiva programmazione fatta nel corso degli anni il ricambio generazionale diventa difficile». L’orizzonte per la Usl 1 come per tante altre realtà italiane (in Veneto di medici ne mancano oltre mille) è complicato: su un organico di 430 medici di medicina generale, da qui al 2026 ne andranno in pensione fra i 180 e i 190, quasi il 50%: «La situazione – conclude Budelli – in prospettiva potrebbe diventare pesante».

I Comuni A soffrire in Umbria sono in particolare i piccoli Comuni. A Sigillo, ad esempio, tra pochi giorni il medico andrà in pensione e al momento non ci sono soluzioni. Nelle settimane passate, dopo un incontro con la Fimmg (Federazione italiana medici di medicina generale) Anci Umbria ha dato vita a un osservatorio per raccogliere i dati dai Comuni relativi alle carenze registrate nei territori. Stando alle indicazioni arrivate nel corso delle settimane alcuni, specialmente quelli più piccoli, vivono il problema in modo più urgente mentre altri, più grandi, li vivranno nei prossimi anni a causa dei pensionamenti. Monte Santa Maria Tiberina, Montecchio, Baschi, Valtopina sono alcuni dei Comuni più piccoli dove il problema è più impellente, ma non sono i soli.

Incentivi Secondo Tiziano Scarponi, vicepresidente dell’Ordine dei medici di Perugia, «un vero problema di assoluta carenza non ci sarebbe; colleghi giovani però – dice a Umbria24 non vogliono coprire le zone disagiate, come ad esempio Monte Santa Maria Tiberina, o magari ci vanno come secondo ambulatorio». In media, spiega Scarponi, in Umbria ogni medico ha tra i 1.100 e i 1.200 pazienti (il limite massimo possibile è di 1.500) e, secondo il dottore, «alcune nuove leve sono state attratte da nuove attività nate con l’emergenza sanitaria, come quelle delle Usca (le Unità speciali di continuità assistenziale, ndr) o dei centri vaccinali, dove si viene pagati 40 euro l’ora senza correre i rischi di impresa che comporta l’apertura di un ambulatorio, magari con i pazienti che non arrivano subito. So di colleghi che si sono dimessi dalle guardie mediche per entrare nelle Usca o nei centri vaccinali».

Borse aggiuntive Una mano nelle settimane passate è arrivata dalla giunta regionale, che ha formalizzato al Ministero della salute la richiesta di 55 borse di studio per la formazione in medicina generale. Nello specifico, rispetto ai 35 posti assegnati per il triennio 2021-24, già incrementati di sei posti rispetto agli anni precedenti, è stata avanzata un’ulteriore richiesta di 20 posti, recuperabili dalle borse di studio non assegnate ad altre regioni. Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, invece, a livello nazionale sono state stanziate risorse aggiuntive per aggiungere 900 borse in più per formarsi in medicina generale per i prossimi tre anni. Se queste misure daranno qualche effetto lo si vedrà nei prossimi anni.

Twitter @DanieleBovi

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