Il quartetto di Shorter con l'Orchestra . Foto ©Fabrizio Troccoli

di Daniele Bovi

Un’improvvisazione collettiva lungo un bel pezzo di carriera di Wayne Shorter e un viaggio «fantascientifico» in quattro movimenti. C’era attesa venerdì sera all’Arena Santa Giuliana di Perugia per il concerto di Wayne Shorter diviso in due set: il primo con il suo quartetto ormai ‘storico’, quello attivo da un quindicennio e che vede John Patitucci al contrabbasso, Danilo Perez al pianoforte e Brian Blade alla batteria; per il secondo invece sul palco insieme al quartetto è salita l’Orchestra da Camera di Perugia diretta da Clark Rundell per l’esecuzione di «Emanon» (no name, scritto al contrario), suite in quattro movimenti scritta da Shorter ed eseguita poche volte dal vivo. Durante il suo tour in giro per l’Europa Shorter e soci sono stati affiancati da formazioni locali e così è accaduto anche a Perugia per un progetto al quale Umbria Jazz teneva particolarmente.

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IL PROGRAMMA DI SABATO

Il concerto Le prove con Shorter ci sono state nel primo pomeriggio di giovedì a Ponte San Giovanni, nella sede di Tetraktis dove il sassofonista statunitense, uno degli ultimi giganti ancora in circolazione e in ottima forma a 84 anni, ha spiegato le sue idee sulla musica e sulla partitura da lui scritta. Prima dell’orchestra è però stata la volta del concerto del quartetto, ruotato più che altro intorno ad alcune composizioni di Shorter e iniziato con «Zero gravity» (che è anche il nome del recente documentario sul musicista) per poi proseguire con «Lost», scritta alla metà degli anni ’60, «She moved trough the fair» (una folk song irlandese arrangiata dal sassofonista per un album di qualche anno fa) e «Orbits», registrata con Miles Davis qualche anno dopo Lost.

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Emanon Shorter si è alternato tra sax tenore e soprano e l’impressione è quella di un’improvvisazione collettiva, un’interazione ormai quasi telepatica con linee melodiche che si intersecano l’una sull’altra e i brevi fraseggi di Shorter, più lirico e vitale quando imbraccio il soprano, seguito dall’inventiva di Perez, Patitucci e Blade. Semplicemente, uno dei più grandi quartetti da anni in circolazione. «Pegasus» è invece il nome del primo movimento della suite suonata con l’Orchestra, dal sapore epico, mentre il lungo secondo, «Lotus», crea atmosfere più rilassate e intime. Il terzo si chiama «The three Marias» e, anche in questo caso, il percorso lungo cui si muove assomiglia a quello del secondo. Chiusura, sui toni più enfatici del primo movimento, con «Prometheus unbounded», il «Prometeo senza confini» come senza confini è la musica di questo splendido 84enne che in tanti vedono come il più importante compositore jazz vivente.

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Il multi-universo Una partitura complessa (a settembre è prevista la pubblicazione per la Blue Note), che ha impegnato per mesi i 37 elementi dell’orchestra perugina, arricchita anche da alcuni elementi jazz come il sassofonista Emanuele Morbidini, in grado di restituire bene le atmosfere pensate da Shorter. Una composizione dove la libertà di movimento del quartetto di Shorter è limitata ma dove gli interventi si legano bene al resto della partitura. I titoli dei movimenti, come visto, sono evocativi e guardano al mondo della science fiction e del mito, che hanno sempre influenzato il musicista statunitense. «È fantascienza, una specie di multi-universo» è la definizione che ha dato qualche tempo fa Shorter di questa sua composizione. Alla fine gli applausi dei circa duemila spettatori dell’Arena, tutti in piedi, sono stati molti e peccato solo che non ci sia stato un bis.

Twitter @DanieleBovi

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