Focus Cna

di Ivano Porfiri

Una crisi senza precedenti con risvolti drammatici per l’Umbria che torna indietro di 25 anni per i dati sul Pil. È la lettura della Cna Umbria sull’economia regionale a seguito dell’emergenza Covid. Secondo la nuova indagine commissionata al centro studio Sintesi i numeri reali e le previsioni sono inequivocabili: -10% del Pil, -15% per le esportazioni, -64% per il turismo, -14% per le costruzioni, -33% per il credito alle microimprese mentre, considerando l’ultimo decennio, le previsioni di caduta dell’occupazione giovanile arrivano al 23%. «I dati – commenta il presidente Cna Renato Cesca – sono ancora più drammatici se si sommano a una situazione di partenza già severa per la nostra regione». In questo quadro però «noi imprese non intendiamo abbatterci e siamo tutti al lavoro nel cercare, attraverso processi innovativi, di riposizionare le nostre aziende nel mutato scenario per riuscire almeno a mantenere i livelli occupazionali come prima della crisi».

I numeri della crisi Lo studio di Sintesi evidenzia come a fine crisi il Pil regionale avrà perso il 21,8% rispetto a come era nel 2008, cioè prima della precedente recessione. In particolare, dopo una cadita del 15,9% nel periodo 2008-2014 (il doppio del dato nazionale), c’era stata una risalita del 3,9% (contro il 4,9% dell’Italia) tra 2014 e 2019. Ma la mazzata del Covid a fine anno è previsto che faccia sprofondare il Prodotto interno lordo del 10,5% (-10,4% è la previsione per l’Italia), con una ripresa del 5,6% (allineata al dato nazionale) per il 2021. I settori più colpiti sono industria (-15,1 di valore aggiunto nel 2020) e costruzioni (-14,6). In particolare, l’edilizia dal 2008 a oggi in Umbria ha lasciato per strada il 45,1%. Segnali parzialmente positivi, invece, dal mercato del lavoro con tasso di occupazione in crescita e disoccupazione in calo fino allo scorso anno, ma la crisi attuale dispiegherà i suoi effetti solo nei prossimi mesi. Tuttavia, a preoccupare è il mercato del lavoro per i giovani: -23% di occupati tra 2010 e 2019. Per ciò che riguarda le imprese, se ne sono perse 3.800 in nove anni (-4,6% contro il -2,7% nazionale) e il Covid ha ovviamente frenato la nascita di nuove (tra gennaio e luglio -20% rispetto al 2019). L’export, cioè il traino per le imprese più dinamiche (l’economia regionale ne dipende per il 18,6%), frena la sua corsa: dopo il +11% tra 2010 e 2019, la previsione per quest’anno è -14% con un recupero del 12,9 previsto per l’anno prossimo. Il turismo, che vale il 10% del Pil regionale, a fine anno avrà perso il 64% (tra marzo e maggio ha fatto segnare -97%). Infine, il credito: nel 2011 i depositi erano circa la metà dei prestiti (13,4 contro 22 miliardi di euro), oggi siamo quasi al sorpasso (17,8 di depositi contro 18,2 miliardi di prestiti) con una perdita di 4,2 miliardi di euro alle imprese.

Margini di crescita «L’analisi dei dati emersi – ha sottolineato Cesca – ci porta a fare alcune riflessioni. In qualche caso si tratta di conferme, come quella relativa alla crescita dimensionale delle imprese, come dimostrato dal fatto che alla riduzione del loro numero è corrisposto, a partire dal 2014, un aumento costante del numero di occupati. L’altra riflessione è che se per il 2020 si prevede un calo sensibile delle nostre esportazioni, la minor incidenza dell’export sul Pil regionale rispetto alla media nazionale, ci indica che in Umbria ci possono essere interessanti margini di crescita per le imprese e per l’occupazione e che in questo processo il made in Italy continuerà a giocare un ruolo fondamentale. C’è poi il tema delle risorse che si renderanno disponibili attraverso il Recovery fund, il Sure, ma anche dall’attivazione del Mes, che a nostro avviso è indispensabile per accrescere l’assistenza e la sicurezza sanitaria dei cittadini italiani. A queste risorse si possono sommare le facilitazioni temporanee nell’applicazione del codice degli appalti e le possibilità di accesso al Superbonus del 110%». Sul ruolo delle imprese, Cesca ha ricordato l’impegno della Cna per dare un «contributo costruttivo alla costruzione delle nuove politiche di sviluppo: già da prima dell’estate abbiamo iniziato una riflessione che ha coinvolto un centinaio di imprese umbre, 14 docenti universitari, 5 consulenti esterni e i nostri migliori esperti settoriali, che hanno partecipato a sette diversi gruppi di lavoro dai quali sono scaturite proposte che presto renderemo pubbliche nel corso di tre appuntamenti pubblici, a cui inviteremo gli assessori regionali Fioroni, Melasecche e Agabiti. Appuntamenti che si incentreranno su alcuni grandi temi: il risparmio energetico e la rigenerazione urbana, l’innovazione e la crescita dimensionale di tutte le imprese, e, infine, la cultura del saper fare per migliorare il brand Umbria e attrarre maggiori flussi turistici».

Da dove ripartire «È una situazione estremamente difficile – ha commentato il direttore di Cna Umbria, Roberto Giannangeli -. Le costruzioni, il manufatturiero e il turismo hanno subito i colpi più duri ma sono anche i settori trainanti e quindi quelli da cui ripartire». In particolare, l’edilizia può essere il volano di sviluppo se si dispiegheranno a pieno gli effetti di provvedimenti come il Superbonus 110%. «Ora abbiamo tutte le norme e i regolamenti attuativi. Noi pensiamo che possa dare un valore aggiunto importante nel 2021, ma lo farà solo se se sarà un intervento pluriennale, cioè almeno esteso fino al 2024. Ci vorrebbe poi un ruolo chiave della Regione che sappia incanalare questo e altri strumenti anche per una rigenerazione urbana e dei quartieri. Allora sì che potrà trainare un vero rilancio».

Adattarsi e reagire A concludere gli interventi l’economista Sergio Sacchi, dicente dell’Università di Perugia. «L’impatto del Covid è stato notevole – ha spiegato – e ha colpito un organismo già fragile. I numeri ci impressionano ma non più di tanto. Come reagire sarà decisivo. Darwin ci insegna che non sempre i più forti sopravvivono, ma quelli capaci di adattarsi. È vero abbiamo fatto un salto indietro di un quarto di secolo, ma la risposta è muoverci e lo stiamo facendo col gruppo di lavoro alla Cna. Chiediamo alla Regione di non disperdere gli aiuti che arriveranno dalla Ue, intanto però lavoriamo anche per irrobustire le imprese per affrontare le sfide. ne cito due: il problema di ricambio generazionale e quello di una modernizzazione consapevole. Le sfide si accolgono, anche quelle difficili. Si devono mettere in campo le migliori energie per rendere possibile l’impossibile».

 

 

Drammatici. È l’aggettivo con il quale Cna Umbria commenta i dati che emergono dalla nuova indagine sull’economia regionale che l’associazione ha commissionato al centro studi Sintesi. D’altronde i numeri reali e le previsioni che ne sono seguite sono inequivocabili: calo del Pil regionale del 10%, – 15% per le esportazioni, – 64% per il turismo, per le costruzioni – 14%, per il credito alle microimprese – 33% mentre, considerato l’ultimo decennio, le previsioni di caduta dell’occupazione giovanile arrivano al 23%.

“I dati – commenta Renato Cesca, presidente di Cna Umbria -, già di per sé drammatici, lo sono ancor di più considerando che si sommano a una situazione di partenza che, su molti punti, era già severa nella nostra regione dopo la crisi economica iniziata nel 2008, solo minimamente stemperata dai primi segnali di ripresa iniziati nel 2014. In particolare si conferma la contrazione del settore delle costruzioni e, per il dodicesimo anno consecutivo, anche quella del credito verso le micro imprese, soprattutto nel segmento con meno di cinque addetti. Preoccupano ancor di più i dati sulla disoccupazione giovanile, anche se i livelli occupazionali, tornati a crescere dal 2014, nel periodo pre-Covid mostravano un tasso di occupazione sulla popolazione attiva pari al 64,6% contro una media nazionale sensibilmente più bassa (57%).”

L’indagine, nonostante faccia registrare una diminuzione del numero complessivo delle imprese, continua a confermare quello che la Cna sostiene da anni a proposito del ruolo strategico giocato dalla micro-piccola impresa che, con il suo 95% sulle imprese attive e il 70% dell’occupazione del settore privato, rappresenta la struttura portante dell’economia dell’Umbria.

 

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