Presentata ricerca dell’associazione sull’andamento e sulle previsioni dell’economia regionale
di Daniele Bovi
Sarà un 2023 all’insegna di una «decisa frenata» quello previsto per l’economia umbra da Cna che, lunedì, nella sede di Perugia ha presentato una ricerca – preparata dal Centro studi Sintesi – sull’andamento e sulle previsioni dell’economia regionale. Dopo un 2022 in cui, in termini di Pil, l’Umbria ha recuperato i livelli pre Covid crescendo però meno del 2021, per l’anno che si è appena aperto la stima è quella di un’ulteriore frenata, con una crescita di poco superiore allo zero (+0,5 per cento), leggermente inferiore alla media nazionale (+0,6 per cento).
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Crescita senza occupazione Cna registra poi che nel 2021 e 2022 c’è stata una crescita senza occupazione: rispetto al 2019, nei primi tre trimestri del 2022 si parla di un -1,8 per cento a fronte di una sostanziale stabilità a livello nazionale; in termini assoluti si tratta di 6.500 unità in meno. «L’Umbria – è stato spiegato questa mattina – fatica a recuperare i posti di lavoro persi durante la pandemia».
Come è andata nei vari comparti A livello settoriale le cose sono andate in modo diverso: l’industria (+18 per cento) è stata trainata da diversificazione dei mercati, export e Industria 4.0, mentre le costruzioni (+12 per cento) essenzialmente dai vari bonus. A soffrire sono state più che altro agricoltura (-32 per cento) e commercio (-6 per cento), penalizzato dalla pandemia. Quanto alla prima, secondo il direttore di Cna Roberto Giannangeli «c’è stata una trasformazione: molte imprese unifamiliari stanno dismettendo le loro attività e quell’occupazione non è stata assorbita dalla altre realtà del settore». «Siamo un po’ preoccupati – ha commentato Michele Carloni, presidente di Cna Umbria – perché dopo lo sprint dell’ultimo biennio si preannuncia una brusca frenata. A pesare sull’economia regionale saranno molti fattori come l’inflazione, i costi energetici, la riduzione degli incentivi automatici sugli investimenti, il rebus irrisolto del Superbonus e la guerra».
I dati Nell’indagine si sottolinea come nel 2022 oltre al Pil siano cresciuti anche gli investimenti, con un +17 per cento rispetto al 2019, in linea con la media nazionale; ma anche qui per il 2023 è attesa la frenata con un aumento che si dovrebbe fermare poco sopra il 2 per cento. Anche i consumi degli umbri l’anno scorso hanno recuperato i livelli pre-Covid, in controtendenza rispetto alla media nazionale, caratterizzata da un calo (-1,5 per cento), mentre nel 2023 la stima parla di un +1,6 per cento. Segnali di rallentamento – per fortuna – si cominciano a notare per l’inflazione, trainata nel 2022 dai beni energetici (+36 per cento), da cibo e bevande (+10,3 per cento) e dai trasporti (+9,4 per cento). Numeri positivi ci sono per il turismo che, in termini di presenze, ha recuperato i livelli del 2019 (+3 per cento), con un aumento di italiani (+7 per cento) e un calo degli stranieri (-5 per cento).
Export e bollette Bene anche l’export, fortemente influenzato in Umbria dal peso dell’acciaio ternano: +30 per cento nel 2021 e +36 per cento se si guarda al 2019; un dato trainato soprattutto dalla metallurgia che, sull’onda del rimbalzo della produzione, ha visto crescere le proprie esportazioni del 104 per cento sul 2019. Tra le note dolenti ci sono i costi energetici che «hanno subito – ha sottolineato Alberto Cestari del centro studi Sintesi – rincari vertiginosi, comportando una spesa aggiuntiva per le imprese rispetto all’anno precedente che, nel caso dell’energia elettrica è stata di 600 milioni di euro (+88 per cento), sopportata in gran parte dal settore dell’industria e dell’artigianato manifatturiero, mentre per il gas naturale è stata di 220 milioni di euro (+100 per cento), anche in questo caso soprattutto a carico del comparto della manifattura (170 milioni di euro) e, per il resto, dal commercio e dai servizi».
Il Superbonus si conferma poi «tra i principali driver della crescita del Pil regionale – ha aggiunto Cestari -: a fine 2022 erano quasi 6.200 gli interventi sugli immobili, di cui il 56 per cento relativo ad abitazioni unifamiliari, per un valore complessivo di lavori autorizzati pari a 1,1 miliardi di euro».
Il 2023 Quanto al 2023, «un impatto negativo sull’economia – ha detto Carloni – è dato anche dal mancato incrocio tra domanda e offerta di lavoro. Idem per quanto riguarda l’irrisolta questione della cessione dei crediti maturati con i bonus edilizi, moltissimi dei quali, ancora bloccati, hanno messo in crisi migliaia di imprese e famiglie che hanno effettuato i lavori. Perciò ben vengano i fondi regionali per sostenere l’autoproduzione di energia da parte delle imprese, ma accanto a questo – conclude Carloni – auspichiamo un ripensamento del Governo sulla riduzione degli incentivi automatici sugli investimenti e, finalmente, lo sblocco dei crediti maturati sugli interventi di rigenerazione urbana approvati».